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È già l'ora di Questione di incipit! Manco il tempo di capire che giorno è che devo già iniziare Uno splendido disastro e non so se sono pronta.Però vabbè, qualcuno queste cose deve farle perché è giusto che io sappia esattamente che modello di uomo (e di donna!) va di moda in questi giorni. Già me sento antica perché cresciuta negli anni '80, se ci metto pure il confronto con le ragazzine è la fine.Comunque, sempre perché c'è qualcuno che me la chiama (so chi sei e ti combatterò), sono senza dispositivo elettronico con il quale scrivere i post e sto quindi usando il mio cellulare. Scomodo (molto) e piccolo (moltissimo). Mi piacerebbe capire come ha fatto la Chiperi a scriverci quella cosa che lei chiama romanzo. O sei ipovedente o non se spiega. Ma poi è scomodo, rileggere è un super cacchio di problema, ve lo lascio solo immaginare. Per questo motivo temo dovrò rimandare la puntata di So classy! al prossimo venerdì. Vediamo, potrei anche farcela a scrivere dal telefono. Forse.Anyway, andiamo alle cose serie e cioè l'incipit del romanzo che sto leggendo.
Eccolo qua il classico di cui vi parlerò in So classy!, si tratta di Ragione e sentimento di Jane Austen. Premetto che la traduzione della copia in mio possesso non è esattamente il massimo, preferivo quella di Feltrinelli, ma tant'è. Si tratta dell'edizione de La biblioteca romantica uscita in edicola per Fabbri un bel po' di anni fa con la traduzione di Beatrice Boffito Serra. Non è malvagia, attenzione, ma non mi soddisfa pienamente. La trama ve la accenno solamente, dato che anche i sassi conoscono questo romanzo. È la storia delle sorelle Dashwood, Elinor e Marianne, e delle loro avventure con il genere umano. Lo so, non è così che viene riportato sulle quarte, ma è davvero complicato riassumere i classici in un paio di righe. Comunque, dato che non è solo una storia d'amore ciò che viene raccontato nel libro, è forse meglio includere tutto il genere umano.
I
I Dashowood si erano stabiliti nel Sussex da molto tempo. La loro tenuta era grande, e al centro sorgeva Norland Park, dove numerose generazioni della famiglia erano vissute in modo tanto rispettabile da procacciarsi la stima di tutti nei dintorni.
L'ultimo proprietario, un vecchio scapolo giunto a tarda età, aveva trovato per molti anni nella propria sorella una compagna e una direttrice di casa. Ma la morte di lei, avvenuta dieci anni prima della sua, portò un gran cambiamento nella sua esistenza; poiché, per rimediare alla perdita subita, egli invitò ed accolse presso di sé la famiglia del nipote, Henry Dashwood, erede, legalmente, della tenuta di Norland, e proprio colui a cui era deciso di lasciarla alla sua morte.
Gli ultimi giorni del vecchio signore trascorsero sereni in compagnia di suo nipote, della moglie di questi e dei loro figlioli. Il suo affetto per tutti non fece che aumentare. La costante premura del signore e della signora Dashwood nell'eseguire ogni suo minimo desiderio, frutto non soltanto dell'interesse ma del buon cuore, gli forniva tutto il conforto possibile che alla sua età poteva ancora godere, e la gaiezza dei bambini aggiungeva alla sua esistenza una nota d'allegria.
***
L'altro romanzo di cui vi propongo la lettura è il primo volume della mia cara amica C.D. Reiss, la tizia della saga con protagonista il manichino di cera che si chiama Monica e lavora in un albergo ma canta anche. Non so se ricordate la storia, ma era la tizia che non voleva più darla a nessuno perché doveva cantare. Dici, che c'entra? Niente infatti, ma Monica è così: o canta o va a letto con la gente. Due cose contemporaneamente non può farle, è troppo complicato. Ognuno ha i propri limiti, no? E quindi niente, la trama è questa con un po' di panico e paura perché ovviamente a lei piace il suo capo (che culo sta gente, i miei capi erano tutti dei discreti cessi) e quindi la scelta di cantare e basta, magari tendendo a essere anche un po' suora laica, la fa penare non poco.
Implorare
Al culmine dell'ultima nota, quando avevo i polmoni ancora pieni e stavo per passare dalla pura potenza fisica allo slancio emotivo, di colpo ricordai il sogno della notte precedente.
Come spesso accade, non aveva una trama vera e propria. Ero stesa su un pianoforte a coda nel bar panoramico dell'Hotel K. Anche se nella realtà l'albergo non ha un pianoforte sul tetto, io ero sdraiata lì sopra, nuda dalla vita in giù e puntellata sui gomiti, con le gambe più spalancate di quanto sia umanamente possibile.
I clienti bevevano cocktail da trenta dollari e mi guardavano. Il brano era senza parole, ma io le sapevo, e mentre uno sconosciuto mi leccava tra le cosce, cantavo sempre più forte... finché non mi ero svegliata con la schiena inarcata e le lenzuola fradice, aggrappata a un do centrale quasi ne andasse della mia vita.
La stessa nota finale che tenni come se uno sconosciuto mi stesse facendo godere su un pianoforte immaginario. La prolungai il più possibile, abbassando il diaframma, sentendo la cassa toracica che si dilatava e il sudore che mi rigava il volto. Era la mia nota. Me lo aveva detto il sogno.
***Per me può bastare così, nel senso che una che te credo che o suoni o frequenti gli uomini, non puoi certo fare sia la musicista che la porno star... Io boh, non so che cosa pensare neanche di un posto dove un vodka lemon costa quasi 30 euro e, soprattutto, di chi ce va a comprarsi un vodka lemon a 30 euro.
Mi raccomando, aggrappatevi tutti a un do centrale quasi ne andasse della vostra vita e cantate una canzone senza parole (??), così poi mi venite a dire che bei versi escono fuori (come minimo sembrava un capretto in fin di vita).
Da Barcellona è tutto, e sto già pensando a quanto sarà brutto leggere l'amica Reiss. Buone letture!
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