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Questione di ritmo

Creato il 11 giugno 2014 da Baraka
Ascoltate questa:
 
A volte senti una musica e boom ce l’hai in corpo. Tu non lo hai ancora realizzato ma le dita già tamburellano sul tavolo, il piede sbatacchia, la testa fa su e giù. Perché ci succede?
Siamo più sensibili a certi ritmi: è il risultato dello studio di alcuni neuroscienziati, pubblicato sulla rivista scientifica PlosOne lo scorso aprile. I tempi e le pause di alcuni brani hanno una struttura che ci fa venire voglia di muoverci per segnare il tempo con il corpo. Occhio però, ci vuole il ritmo giusto: se è troppo semplice risulta piatto e noioso, se è troppo complicato è impossibile da seguire. Il trucco sta nel ritmo sincopato: piccole variazioni sul tema principale inaspettate, e quindi sorprendenti. Infatti, un ritmo di base abbastanza prevedibile, ma animato da variazioni di accento, ci cattura perché basato su una sequenza di pause e tempi non del tutto regolari. Queste piccole variazioni ci spingerebbero a completare la sequenza e a “riempire” le pause impreviste con i movimenti del corpo. Inoltre le variazioni e i ritmi sovrapposti ci offrono diverse possibilità per sincronizzarci con la musica: possiamo adattare il movimento a diversi ritmi usando più parti del corpo. Per questa ricerca Maria Vitek, autrice dello studio con i colleghi della Aarhus University, in Danimarca, è partita da un sondaggio online. La ricercatrice ha creato un questionario in cui ai partecipanti veniva chiesto di ascoltare diversi brani e dare una valutazione su quanto considerassero il pezzo ballabile e di gradimento. I 66 partecipanti, di età compresa tra i 17 e i 63 anni e residenti in diverse parti del mondo, hanno dato risposte simili: perché sia ballabile il brano non deve essere né troppo semplice, né troppo complesso. Nell’insieme le risposte sono consistenti con un modello creato dallo psicologo Berlyn già negli anni Settanta sulla “stimolazione ottimale” nella percezione artistica. Cioè i dati di gradimento e ballabilità delle musiche ascoltate dai partecipanti, messi in relazione con quanto quelle musiche avessero un ritmo sincopato, seguono un andamento a U rovesciata. Questo permette di predire se un brano può essere apprezzato o meno a partire dalla sua “struttura” sincopata.  I modelli che descrivono e cercano di capire come faccia il nostro cervello a sviluppare un certo gusto artistico e cosa vi sia alla base di questo apprezzamento sono molti e ancora non esaustivi. In questo studio un aspetto interessante è che il nostro cervello, contrariamente a quanto pensato finora, non preferisce, per questioni di rapidità e efficienza,  sempre e comunque stimoli con schemi semplici. Le cose troppo facili annoiano.

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