Traduzione di Andrea Morgione, da the guardian :
<< Coppa del Mondo 2014: il giro di vite sull'industria del sesso brasiliana è una minaccia ai diritti umani?
L'ammorbidimento dell'immagine del Brasile prima dei mondiali del 2014 potrebbe avere serie implicazioni per coloro che lavorano in questo ambito
Prostitute che camminano per le strade nel distretto a luci rosse di Vila Milmosa, Rio de Janeiro.
Mentre i preparativi per i mondiali accelerano, le autorità brasiliane stanno cercando di ritoccare l'immagine del paese dando una stretta al business relativo al sesso.
Più di 2000 siti web sono stati presi di mira, e le prostitute sono minacciate di scontare condanne in prigione perché affiggono pubblicità nelle cabine telefoniche.
Alimentano questa campagna le preoccupazioni riguardo il fatto che l'afflusso di tifosi quest'estate innescherà un boom nella prostituzione minorile e nel traffico sessuale. Ma, stando a Thaddeus Blanchette, un antropologo che ha documentato la prostituzione a Rio dal 2004, questa visione è troppo semplicistica.
La promozione mediatica, obietta Blanchette, si basa sul falso presupposto che i tifosi andranno ad incontrare prostitute e che alcuni di loro andranno alla ricerca di sesso con dei bambini. "I rapporti sessuali con i minori ci sono", dice, "ma l'idea che i gringos ne vadano alla ricerca è un grosso mito". In Brasile, gringo si riferisce generalmente a chiunque provenga dall'emisfero nord.
Tatiana Mauro, direttrice esecutiva di Promundo Brazil, una ONG (Organizzazione Non Governativa, ndT) che promuove una campagna per la fine della violenza contro le donne, similmente crede che i mondiali "non faranno altro che incrementare la visibilità di certe forme di sfruttamento". Punta a un rapporto pubblicato dall'Alleanza Globale Contro il Traffico delle Donne, che non rintraccia alcuna prova del fatto che grandi eventi sportivi causino un incremento di traffico sessuale o prostituzione.
Rapporti sensazionalisti sul traffico sessuale e sui mega-eventi non solo sono infondati, ma spianano anche la strada a una politica sulla prostituzione più repressiva. Durante la conferenza Rio+20 nel Giugno del 2012, ufficiali di polizia armati fecero irruzione nei bordelli in un atto di repressione dell'attività criminale. Ma, a parere di Ana, una prostituta che ha sperimentato personalmente i raid, la chiusura dei bordelli costrinse le prostitute a lavorare altrove.
In modi più sottili di prima, coloro che lavorano nell'industria del sesso stanno venendo emarginati. Il più vecchio gruppo per i diritti delle prostitute a Rio, Davida, è stato recentemente sfrattato dal distretto culturale in centro città per fare spazio a un hotel boutique.
Inoltre, i fondi per l'estensione di programmi per la salute sessuale sono stati tagliati. Ana una volta si offriva come volontaria per rappresentare il ministero della salute ma i fondi per il programma si sono prosciugati l'anno scorso. Era un lavoro importante, spiega lei, perché "le ragazze semplicemente pensano che ci sia l'Aids e poi nient'altro".
In un episodio similare di marcia indietro da parte del ministero, una campagna promozionale online mirata alla riduzione del pregiudizio sociale nei confronti delle prostitute è stata abbandonata dopo le critiche ricevute da diversi gruppi evangelici. La campagna, che includeva foto di prostitute con slogan come "Sono felice di essere una prostituta", è stata rimossa dal sito web governativo dopo soli due giorni da quando era partita, nel Giorno Internazionale delle Prostitute, l'anno scorso.
La decisione, come uno dei blog sui diritti dei lavoratori in ambito sessuale evidenzia, "nega il diritto delle prostitute di essere orgogliose del loro lavoro, di parlare personalmente e di avere accesso al tipo di informazioni sulla salute basate sui principi di cittadinanza di cui lo stesso governo brasiliano è stato campione nel passato".
Ci si aspetta inoltre che la proposta di separare la prostituzione dallo sfruttamento sessuale nel codice penale brasiliano non passerà: la legge brasiliana tratta la prostituzione come una forma di sfruttamento sessuale. La proposta, avanzata dalla Deputata Federale Jean Wyllys nel Luglio 2012, afferma che la legittimizzazione della prostituzione è cruciale per combattere lo sfruttamento sessuale di donne e minori.
La marginalità di coloro che lavorano nell'industria del sesso non solo li rende suscettibili alla corruzione della polizia e alla violenza, ma li trattiene anche dal denunciare crimini. UNAids inoltre crede che le leggi sulla prostituzione contribuiscano alla stigmatizzazione di tale lavoro, che espone coloro che lo praticano a notevoli rischi di infezione di HIV.
Ciononostante, feroci controproposte e pressioni internazionali per confinare i lavoratori nell'industria sessuale, evidenziate dalle proposte di criminalizzare l'acquisto di prestazioni sessuali in diversi paesi europei, rende probabile la sconfitta della proposta fatta dalla Wyllys.
Uno degli ostacoli più significativi nella lotta contro lo sfruttamento sessuale è il fatto che la maggior parte di coloro che promuovono campagne contro il traffico sessuale vedono la prostituzione e lo sfruttamento sessuale come una cosa sola e inscindibile.
Gli attivisti a favore dei diritti dei lavoratori nell'industria del sesso, al contrario, ribattono che la prostituzione è un'occupazione come qualsiasi altra; il traffico deve includere un elemento di coercizione e/o sfruttamento. Il marchio di "sfruttato" non è idoneo né d'aiuto per coloro che decidono per conto proprio di lavorare nell'industria del sesso: al contrario, tutto ciò li rende impotenti.
Blanchette crede che il numero di casi di traffico sessuale autentico in Brasile sia relativamente basso. Perfino a Vila Milmosa, il famigerato distretto a luci rosse di Rio, secondo lui ci sono ben pochi magnaccia "nel senso classico del termine", sebbene molte persone beneficino finanziariamente del lavoro sessuale di altra gente.
Mentre l'idea di qualcuno che decide di vendere una prestazione sessuale può sembrare una prospettiva deprimente, se non rivoltante, molti scelgono questa opzione al posto di altre, incluse forme di impiego a maggior rischio di sfruttamento. Ana preferirebbe lavorare come prostituta che come cameriera nella casa di qualcuno dove "potrebbe succedere di tutto". Per lei, la decisione di vendere sesso non è stata né scelta liberamente né forzata, ma si è invece formata dalle realistiche opzioni di impiego che Ana aveva di fronte.
Bollare i lavoratori dell'industria del sesso come vittime e danneggiare i loro diritti umani e costituzionali non porterà il cambiamento necessario a contrastare lo sfruttamento sessuale, né aiuterà a trovare le vere vittime del traffico.
Mentre il Brasile manda in porto la campagna di ripulitura della sua immagine, è importante contestare politiche giustificate in nome dei diritti umani che ciononostante vengono attuate a spese degli stessi.
Il nome di Ana è stato cambiato per proteggere la sua identità.
Andrea, che è un giovanissimo uomo di cui sono fiera sorella, assieme alla traduzione mi inoltra una lunga mail, nella quale scrive "[...]Se posso, comunque, mi sono trovato in terribile disaccordo con pressochè qualunque cosa sia stata scritta al suo interno. Sono d'accordo sul fatto che generalizzare quando si tratta di commercio sessuale sia controproducente, ma dire che la prostituzione è un mestiere come tanti altri e una scelta plausibile al posto di altre peggiori mi sembra francamente un'affermazione orrenda; io posso anche capire che realisticamente la situazione sia effettivamente così, ma mi sarei aspettato una visione un tantino più propositiva e meno "così stanno le cose, quindi prostituirsi è ok" da questa famosa "stampa illuminata". Invece sono rimasto estremamente amareggiato. Voglio dire: a mio modesto parere il focus sarebbe potuto (e dovuto) essere più sul "ma è possibile che in un paese del genere si scelga di prostituirsi perchè non ci sono altre occupazioni credibili o dignitose?[...]".
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