La cantina che ha operato questa scelta è
Clavesana, una realtà cooperativa del cuneese che unisce
350 soci coltivatori di Dolcetto al 90% e che nel
Dolcetto si identifica, tanto da affermare fieramente “Siamo Dolcetto!”.
Una scelta tanto interessante quanto audace, quella della Cantina Clavesana, che ha voluto riappropriarsi delle origini del proprio prodotto e riaffermarle con orgoglio. Un riferimento esplicito a
una terra calpestata da stanchi scarponi;
una terra curata da mani instancabili; una terra spesso alla mercé dei mutamenti climatici che rovinano il lavoro dell’uomo e alterano il ciclo della natura. Un richiamo forte al fatto che
“il cooperatore agricolo […] ci ricorda che la vita è impastata di terra, e che ciò di cui ci cibiamo ogni giorno è molto più di quello che diciamo ‘prodotto’, perché ci parla degli uomini e insieme ci parla della terra stessa” (cit. Lidia Cassetta, ideatrice del progetto “La dimensione creativa e i suggerimenti della terra”).
Una terra difficile, quella di Clavesana. Una terra dura, ma generosa. Non di uve del Barolo, che crescono nelle vicine Langhe, ma di acini vermigli altrettanto meritevoli: sono gli acini del Dolcetto, che nel 2013 hanno portato alla Cantina Clavesana uno dei titoli più prestigiosi in ambito enologico per il
Dogliani DOCG 2012. A orgogliosa conferma dell’eccellenza produttiva di un intero territorio.
Io ci sono stata, in quel territorio e ho avuto un incontro ravvicinato con il Presidente e il Direttore della Cantina Clavesana – Giovanni Bracco e Anna Bracco, rispettivamente – nonché con i
luoghi di produzione del Dogliani DOCG – la cantina e i vigneti. Circondati da un ambiente agreste e rasserenante come sanno essere le colline piemontesi che danno vita al
Dolcetto, mentre il grigiore della giornata lasciava il passo alla luce calda del tramonto le chiacchiere con i manager sono andate a braccetto con vari assaggi del nettare rosso prodotto su quelle colline.
Un vino, il Dogliani DOCG, che si presta molto bene ad
accompagnare un aperitivo semplice, fatto di grissini (piemontesi, né!), fragole, formaggio e alici al verde condiviso in aperta campagna dopo la visita in vigna, ma che si sposa ancor meglio con
i salumi e le carni in tartare o brasate servite per cena dalla Trattoria “Le due chiavi” di Clavesana. Un’eccellenza italiana, insomma, che non ha nulla da invidiare ai più noti
Barolo e
Chianti e che si sta facendo conoscere e apprezzare sui mercati internazionali con
una sua identità semplice, chiara, primaria, basilare. In una parola: elementare.
Come elementare è la Scuola delle Surie, divenuta proprietà della Cantina Clavesana, dove si è svolta la cena conclusiva del primo giorno dell’educational tour “Qui Da Noi”. E dove abbiamo continuato a confrontarci sulla realtà cooperativa, comprendendo che la cooperazione nasce dalle difficoltà e che il sistema delle cooperative agroalimentari piemontesi, facendo conoscere i prodotti tipici della terra, mette in evidenza l’eccellenza produttiva di un intero territorio.
Una realtà, quella cooperativa, che annovera tra i soci anche molti giovani: quei giovani che cercano di riappropriarsi di un futuro che non vogliono negato e lo fanno, in Clavesana, attraverso la ripresa delle tradizioni contadine e rurali. Sporcandosi le mani per generare un reddito. Sporcandosi gli scarponi per coltivare Dolcetto. Sempre e comunque
rispettosi di quella terra che sporca loro le mani e infanga i loro scarponi. Perché è così che si fa, a Clavesana, il luogo dove
la cooperazione ha i piedi per terra.
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