Il 16 giugno, un’ora dopo gara 5, chiusi il post sulle Finals con questa previsione:
“Te ne tornerai a Cleveland, regalandoci l’ennesima pagliacciata dichiarando che è casa tua e che non hai mai dimenticato quei meravigliosi tifosi che hanno bruciato ogni tua maglia.
Frasi di rito.
Fasullo com’è non può dire che gli fa gola giocare con Kyrie Irving e con la futura prima scelta per dar vita ai nuovi Big Three e poter già da
subito vincere l’anello“.
Ieri, 11 luglio, lo Stempiato ha ufficializzato il suo ritorno ai Cavs con una lettera pubblica inviata a Sports Illustrated e postando una foto su Instagram con scritto “I’m coming home”.
Purtroppo, niente The Decision 2.0.
Peccato, ci tenevo tantissimo.
Non starò a pubblicarla tutta ma mi limiterò ad analizzare i punti chiave.
La parabola del figliol prodigo nello sport ha sempre il suo fascino ma non in questo caso perché, nonostante il low profile, la lettera nasconde molta meno umiltà rispetto alla baracconata del 2010. E dei controsensi spaventosi. Tipici di un grande uomo all’esterno ma totalmente privo di qualsiasi contenuto morale.
Non lo avevo capito quattro anni fa, ma adesso sì. Vi ricordate quando ero seduto lì al Boys & Girls Club nel 2010? Pensavo che stavo per prendere una decisione difficile. Se potessi tornare indietro, ovviamente cercherei di fare diversamente, anche se me ne sarei andato comunque. Quando ho lasciato Cleveland, sono partito per una missione. Volevo vincere dei titoli, e ne abbiamo conquistati due, ma Miami conosceva già questa gioia. La nostra città invece non la prova da tantissimo tempo. La cosa più importante per me è riportare un trofeo nel Nordest dell’Ohio. Era facile dire “Ok, non voglio più aver nulla a che fare con questa gente”, ma poi ho pensato anche all’altra faccia della medaglia. Come mi sarei sentito se fossi stato un ragazzino che seguiva un atleta che mi spingeva a far sempre meglio nella mia vita e che all’improvviso se ne va?Non prometto che vinceremo un titolo. So quanto sia dura mantenerla questa promessa. Non siamo pronti per ora, proprio no. Certo, vorrei vincerlo l’anno prossimo, ma sono realista: sarà un processo lungo, molto più di quello del 2010. La mia pazienza sarà messa alla prova, lo so, vado verso una situazione particolare, con una squadra giovane e un nuovo coach. Io sarò il vecchio saggio. Ma mi emoziona poter mettere insieme un gruppo e aiutarlo a raggiungere un livello che non sapevano di poter raggiungere. Credo che la mia missione qui vada oltre il basket. Ho la responsabilità di essere un leader in più aspetti e la prendo molto sul serio. La mia presenza può fare la differenza a Miami, ma credo valga ancora di più nel posto da dove provengo. Nel Nordest dell’Ohio nessuno ti regala niente, te lo devi guadagnare. Devi lavorare per ciò che hai. Sono pronto ad accettare la sfida, torno a casa“. Non sono Nostradamus ma su certe cose ci vedo lungo (ad esempio quando mi guardo l’inguine).
Come ho sempre detto, la scelta di restare a Miami o tornare a Cleveland sarebbe dipesa dalle ultime Finali dove, obiettivamente, ha tirato avanti la baracca da solo.
E’ un pagliaccio ma non è stupido.
Ha capito che il ciclo degli Heat era finito e siccome è un pagliaccio ha fatto l’unica cosa che poteva fare: mollare.
In quello è veramente il migliore di sempre.
Perché dice che nel 2010 avrebbe agito diversamente ma se ne sarebbe andato comunque?
Perché dice che in Ohio nessuno ti regala niente e invece di dimostrare di essere davvero un figlio di quella terra, ha portato i suoi talenti a South Beach?
Perché non dimentichiamoci che è un BOUGHT, non un BUILD. Ogni volta che poteva costruire ha scelto la via più facile.
Dai Cavs se n’è andato perché non aveva i compagni all’altezza.
Dagli Heat invece perché erano tutti finiti.
Lo ha detto lui stesso: vuole vincere dei titoli e basta.
Di conseguenza lasciate perdere tutti quei discorsi inutili sulla casa, sull’Ohio e sulla sua gente.
Casualmente ha capito che la sua nuova missione era riportare un trofeo a Cleveland (che manca dal 1964 quando i Browns vinsero il Superbowl contro i Baltimore Ravens) proprio adesso che ci sono Irving, la prima scelta Andrew Wiggins e, probabilmente, Kevin Love. I Cavs sono, insieme agli Warriors, la franchigia più futuribile di tutta l’NBA. Lui li porterà a raggiungere un livello che non sapevano di poter raggiungere, il che significa che, nonostante le smentite e data la pochezza delle squadre ad Est, il suo ritorno a casa comprende un biglietto diretto per le Finali 2015.
A me più che il figliol prodigo sembra il Messia.
Il Messia però non perde tre finali su cinque giocate.
Il Messia le vince tutte e cinque…..
Quello che vedremo già lo conosciamo.
Prepariamoci ancora una volta alle foto da famiglia felice. Ci sta pure che ricominci a fare la pagliacciata del borotalco prima della palla a due. O forse no. Gli anni a Miami lo hanno migliorato. E’ riuscito a raggiungere un livello di derisione mai visto nella storia dello sport.
Anche in questo è il migliore di sempre.
C’è solo una cosa che mi incuriosisce: come sarà trattato dai suoi vecchi tifosi?
Non dimentichiamoci che quando se ne andò in Florida, in molti a Cleveland bruciarono la sua maglia.
Il problema è proprio questo: nello sport, anche se in America è vissuto in modo completamente diverso rispetto che da noi in Europa, e nella vita si tende troppo spesso a dimenticare.
Ogni volta che guardo questo video però mi chiedo in che modo possono riuscire a dimenticare.
Boston. Game 5. We watched. You quit.
Credo che sia il riassunto perfetto di tutta la storia.
Se veramente fosse il Prescelto, il Re ed il Più Grande di Tutti avrebbe scelto un’altra strada. L’unica e la sola percorribile.
Forse è colpa sua?
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