Pio VI
Quo luctu
1. Di quale dolore e di quale mestizia siamo colpiti per la somma devastazione della religione cristiana che da parte di uomini infami si operò in codesto regno, in altri tempi fiorentissimo, più volte abbiamo segnalato a voi con lettere e indubbie prove. Perciò, per quanto dipende da Noi, con l’aiuto della grazia di Dio, fino ad ora abbiamo tentato di opporci al torrente di iniquità; e poiché, come abbiamo saputo or ora, si arrivò al punto che né il culto divino, né i misteri della Nostra religione, né le relative cerimonie si possono fare pubblicamente con osservanza delle leggi della Chiesa, abbiamo pensato che sarebbe stato utile e proficuo per la religione cattolica intervenire, in virtù del ministero apostolico affidato dall’alto alla Nostra pochezza, e in così grande confusione, nella quale non si possono affatto osservare i principi della disciplina ecclesiastica, liberarvi in parte delle vostre responsabilità, così che possiate riflettere sugli eventi e provvedere nel modo migliore.
2. Noi pertanto volendo aderire ai vostri voti (e assolvendo in grazia di questi le vostre singole persone da qualsivoglia scomunica e interdetto ed altre censure ecclesiastiche o sentenze e pene in cui siate incorsi in qualunque modo o per qualunque ragione, e giudicandovi assolti) e alle suppliche di molti di voi che aderiscono fermamente a questa cattedra di Pietro e difendono strenuamente i diritti della Chiesa, fortemente inchinati alla Nostra autorità, alle vostre fraternità, nella cui fedeltà e nel cui zelo moltissimo confidiamo, perdurando le presenti sciagure del regno di Francia, se urge la necessità e questo esiga l’utilità della Chiesa, secondo il beneplacito Nostro e della Sede apostolica diamo piena e ampia facoltà, a tenore della presente lettera, di consacrare gli olii santi secondo la prudenza a voi data da Dio, con i presbiteri che potrete avere e anche fuori del giorno della Cena del Signore, come viene prescritto dai sacri canoni.
Inoltre vi diamo facoltà di ammettere i chierici ai quattro ordini minori, – a quelli che non li hanno ancora ricevuti – in quattro giorni, feriali o meno, o in una sola volta, e poi ammetterli agli ordini del suddiaconato, diaconato e presbiterato in tre domeniche o altri giorni festivi non consecutivi, ma lasciando un certo spazio da definirsi a vostra discrezione, anche fuori dei tempi stabiliti dal diritto e senza rispettare gl’intervalli fissati dal Concilio di Trento, senza attendere un anno, anche se in ciascuno di detti ordini, prima di passare al successivo, non si siano esercitati. È pure consentito che anche semplici sacerdoti possano benedire i paramenti sacri, i tabernacoli per la custodia del Santissimo Sacramento dell’Eucarestia, altri strumenti necessari al santo sacrificio della Messa, consacrare i calici e le patene col crisma benedetto da voi o da qualunque altro Vescovo che abbia però comunione con la Sede Apostolica. Possano altresì liberamente e lecitamente riaprire al culto le chiese sconsacrate mediante acqua benedetta dal Vescovo e, in caso di necessità, anche con acqua non benedetta dal Vescovo; con la Nostra apostolica autorità attribuiamo piena ed ampia facoltà di subdelegare a tenore delle presenti norme.
3. Questo disponiamo nonostante le leggi apostoliche confermate nei Concili universali, sinodali e provinciali e nelle istituzioni generali e speciali, respinta qualsiasi altra eccezione.
Dato a Terracina, sotto l’anello del Pescatore, il 4 maggio 1791, anno diciassettesimo del Nostro Pontificato