L'Aleph, "il luogo dove si incontrano, senza confondersi, tutti i luoghi del mondo, visti da ogni angolazione", per dirla con Borges, non sta più in fondo alla scala che porta allo scantinato. L'Aleph, il piccolo Big Bang in cui si concentrano tutti i punti di vista, e tutte le possibilità, adesso abita dietro gli schermi luminosi, più o meno grandi, dei nostri monitor. Era il 1984, quando William Gibson, in "Neuromante", utilizza per la prima volta la parola "cyberspazio". Luogo di incontri e avventure, di nuove frontiere, economiche e culturali. Internet, la rete. Un profluvio di correnti letterarie, musicali, e anche politiche; un profluvio di storie. La cybercultura, la cultura prodotta dalla rete, per la rete. Come dire che le storie che ci raccontiamo si servono degli schermi dei nostri dispositivi, cambiando la relazione che stabiliamo con le storie stesse: il tempo che siamo disposti a dedicare alle storie e il luogo dove le "consumiamo".
Secondo Carl Sagan, "viviamo in una società che dipende profondamente dalla scienza e dalla tecnologia, dove però praticamente nessuno sa niente di questi temi. E ciò costituisce una ricetta sicura per il disastro".
Oggi, quello che si chiama "web 2.0", consiste di narrazione orale, di narrativa digitale, di ipertesti, periodici, riviste ed altre pubblicazioni, digitali, di radio e di televisione via Internet, di un universo multimediale. Senza contare i social network. La differenza, rispetto al "web 1.0", sta nello sviluppo di applicazioni (dette, di seconda generazione) che cercano di ridurre la distanza fra coloro che accedono alla rete e quelli che pubblicano sulla rete. Per lo più, questo oggi si riduce ancora al fatto che i cosiddetti scrittori, cantautori, ecc. utilizzano Internet come primo luogo di comunicazione e commercializzazione del proprio lavoro, creando il sito web, o un blog dove presentare il prodotto,facendo anche atto di presenza sui social network, a tal fine. A questo, ha fatto da contraltare la constatazione che esiste una nuova realtà, con le sue proprie caratteristiche, e tale realtà (chat, e-mail, social network) è stata integrata in certe opere.
Così, Internet è diventata, tanto il territorio per la diffusione di un autore, quanto lo scenario ed il soggetto di nuovi prodotti.
Tramontata, nell'immaginario, la figura dello scrittore che batte furiosamente sui tasti della Olivetti Lettera 22 e che sforna foglio dopo foglio, che poi accartoccia e getta compulsivamente per terra, l'era digitale ci ci consegna un nuovo concetto di autore, soprattutto per la presenza degli autori sulle reti sociali come Facebook e Twitter; in particolare quest'ultimo, a causa delle sue caratteristiche formali.
Il cosiddetto "artista", insomma, smette di essere solo un "creatore", in senso stretto, e si converte in "produttore", come se sviluppasse uno strumento che poi il pubblico andrà ad utilizzare, e diffonderà secondo i suoi propri interessi che non coincidono necessariamente con quelli dell'artista. Il suo, diventa un lavoro che fornisce una struttura - un utensile - nella quale l'utente si esprime, e crea, a sua volta. In questo modo, lo sviluppo di un'opera ha luogo dentro la "società dell'informazione". Viene demistificato il processo di scrittura, nella misura in cui l'autore scambia opinioni sul proprio lavoro, e consegue "followers", che può anche sfruttare. Sul blog tecnologico del New York Times, è stato spiegato come un autore che si dedichi esclusivamente a questo può sopravvivere - a prescindere da qualsiasi campagna pubblicitaria - impegnandosi a costruire il proprio impero di "followers" su twitter e usando Youtube per caricare video dove legge brani che documentano il progredire del suo lavoro.
Ma tutto questo continua ad essere solo marketing e pubblicità.
Ci sono anche cose nuove: blog che servono come spazio di sperimentazione e che, poco a poco, prendono coscienza di essere un canale per la creazione di contenuti originali ed esclusivi. Anche il micro-racconto in rete meriterebbe un'indagine. Non è certo un sotto-genere nuovo, dal momento che le sue origini affondano nelle prime forme di espressione orale, e rimandano alle favole, agli indovinelli, ai proverbi. Una forma primordiale di letteratura, a ben vedere, mai passata di moda e che ha trovato in Internet (anche su Facebook e Twitter) il suo spazio perfetto, tanto di diffusione quanto di consumo.