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Raccontare storie - Terza Parte: la seconda versione

Creato il 24 aprile 2012 da Faustotazzi
Il cielo sopra Gaddani
Raccontare storie - Terza Parte: la seconda versione
Io me ne sto qui, steso sulla sabbia umida vicino al mare. Oggi c'è proprio un gran bel sole, è davvero una bella giornata per starsene immobili in spiaggia, con la risacca che mi gioca sotto e che quando salirà un poco arriverà a toccarmi i piedi nudi. Il cielo è sereno, io guardo fisso in su e vedo bene quelle poche nuvole e gli uccelli che disegnano le loro strane traiettorie. La brezza dovrebbe portare dal mare quel suo odore di sale e iodio. Invece porta puzza di nafta e liquidi di scarico, perchè qui siamo a Gaddani
Gaddani lo chiamano cantiere ma praticamente dietro quelle dune non ci sono altro che chilometri di spiaggia sporca e piatta. Non ci sono gru: qui a Gaddani portiamo in secca vecchie carcasse pesanti diverse tonnellate con la forza di decine braccia che tirano pesanti catene ed enormi funi. Poi le riduciamo a brandelli con le mani, un pezzo dopo l'altro. Una calca di uomini ci si avventa sopra come le mosche sulle gocce di Pepsi. Le grandi navi del mondo vengono a morire qui da noi. Petroliere Americane, cargo Cinesi, baleniere Giapponesi, traghetti Inglesi che hanno solcato le onde della Manica in tempesta, navi da crociera Italiane che sono andate a incagliarsi su uno scoglio chissà dove. Arrivano tutte qui per farsi fare a pezzi da un esercito di formiche Pakistane.
Onestamente non ho ne' voglia ne' intenzione di starci ancora molto su questa spiaggia, preferisco andarmene alla svelta, anche perchè ho come l'mpressione che questi quassù abbiano fretta. Però in questi cinque minuti che mi restano vi vorrei raccontare un po' di storie, se per favore vi fate più vicini perchè - capite bene il motivo - non me la sento tanto di alzare la voce con tutta questa gente intorno.
Vorrei raccondarvi di Mahdi, per esempio, che era quasi buio e stava lavorando duro appeso a una fune bisunta dentro lo scafo di una vecchia petroliera quando improvvisamente perse l'equilibrio, scivolò e cadde. Giù nel buio della chiglia con le ossa rotte e incapace di muoversi Mahdi morì quella notte, soffocato dai fumi tossici. Quando il mattino dopo tagliammo una larga sezione di acciaio dalla nave e la luce entrò nella stiva il corpo di Mahdi era là, con il volto gonfio tra il violaceo e il verde.
Qui la corrente elettrica va e viene e spesso non abbiamo nemmeno l'acqua potabile. Ieri sera per cena abbiamo mangiato uova, le abbiamo bollite per bene perchè erano vecchie e le abbiamo cucinate appena prima che potessero marcire e puzzare. Shahzad ci raccontava le storie di Gaddani stando seduto su quel poco che ormai restava di un grande cargo Coreano che una volta trasportava grano in giro per gli oceani del mondo. Tossisce sangue Shahzad, da quando molto tempo fa ha iniziato a lavorare dentro il ventre fetido di quel cargo a tagliare grandi pezzi di acciaio da riciclare con il fumo e le esalazioni che gli tolgono piano piano il respiro.
Nel paese non c'è lavoro, gli uomini cercano un lavoro a Gaddani come gli uccelli cercano a stormi gli alberi la sera. Io venivo dall'interno, vicino a Karachi. In quella terra secca e tra quei sassi coltivavamo dei bei fiori rossi e al momento del raccolto dei lontani cugini di mio padre arrivavano, spremevamo il succo e se lo portavano via. Se devo proprio dirvela tutta in questo preciso istante un poco lo rimpiango quel lavoro. Un giorno dei medici arrivarono fin lassù, erano Francesi, Svizzeri e Italiani; avevano i capelli lunghi e le barbe sfatte, ci portarono dei  bei fiorellini blu che dicevano valessero più dell'oro e ci invitarono a cambiare la nostra coltivazione. Ma i nostri cugini e i loro kalashnikov non furono molto d'accordo, forse avevano pure ragione perchè in questo preciso momento non lo scambierei proprio un grammo d'oppio con uno di zafferano. 
Una volta per venire smantellate le navi ritornavano negli stessi cantieri che le avevano viste nascere, come le tartarughe che tornano sempre di notte sulle stesse spiagge. Poi i costi del lavoro, le norme di sicurezza, le leggi di tutela ambientale hanno provocato una sorta di inquinamento economico che le ha spinte a venirsi a insabbiare qui sulle sponde del sud del mondo e le rive dell'India, del Pakistan, del Bangladesh sono diventate grandi apocalissi di scafi sfasciati, lastre acciaio acuminate, motori marini arrugginiti e larghe chiazze d'olio sulla sabbia e nell'acqua.
Il mese scorso tre operai che stavano tagliando sezioni dalla stiva di questa petroliera sono arsi vivi quando i vapori delle benzine a un tratto sono esplosi. Siamo accorsi tutti anche se sapevamo benissimo che quei tre erano certamente morti. Quando siamo riusciti a spegnere l'incendio di loro non era rimasto letteralmente niente. Gaddani è un girone infernale dove tutti i poveri del mondo vengono a morire per la speranza di sopravvivere.
Io ci sono stato già quasi un anno qui a Gaddani. Facendo a pezzi le navi si guadagnano 4 dollari al giorno e ci si gioca la vita come equilibristi senza rete di protezione, senza casco e senza guanti, tra pesanti blocchi d'acciaio che cadono, cavi che si spezzano e con i materiali tossici che ti uccidono  lentamente giorno dopo giorno. L'altra settimana Ghassan - che è il nostro capocantiere - ci ha detto che stanno facendo il possibile per fornirci dei materiali migliori ma che devono fare i conti con i costi e non si può nemmeno chiedere troppo a quelli che riescono in qualche modo a dar lavoro a tutta questa gente e a produrre ricchezza per il nostro Paese. Nessuna multinazionale si sognerebbe mai di venire a investire qui a Gaddani.  
Le onde adesso portano fin qui i liquidi che colano da quel che resta della nave, tutto il perimetro di terra e mare intorno è contaminato e gli operai ci lavorano immersi fino alle ginocchia. Stamattina è stato tutto così rapido che non ho avuto nemmeno il tempo di gridare: ho sentito solo il sibilo del cavo che si spezzava dietro di me e sono stato tranciato in due. Il dio pietoso degli operai mi ha concesso altri cinque minuti di vita ma ora che ho finito è tempo di andare. Mi fa un po' sorridere il fatto che finalmente adesso posso lasciare Gaddani. Un attimo fa in cielo è passato un aereo, volava dall'altra parte del mare oltre lo Stretto di Hormuz, verso il paradiso.

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