L'espressività di questa prosa poetica consente alle parole di ritrovare la loro originale essenza immaginifica: la possibilità di creare universi nuovi e imprevedibili, dove i limiti imposti dal linguaggio e dalla ragione vacillano, lasciando spazio a visioni fantastiche e patafisiche che illuminano l'esperienza umana di particolari e suggestivi significati.
In questo modo la travolgente musicalità della parola veicola le storie raccontate tramite strutture perfette, in cui ogni elemento narrativo è imprescindibile.
"I racconti di Ángel Olgoso hanno tutti la caratteristica di essere brevissimi, qualche volta anzi durano poche righe. Anche e soprattutto in questo consiste la loro bellezza. Si tratta sempre di dire tanto con poco. Si sente infatti che Olgoso mira ad essere icastico: pochi aggettivi ma sempre azzeccati. Poche frasi e si arriva al punto." (Stefano Brugnolo)
"[...] Racconti Abissali vuole offrire esempi quanto più rappresentativi della visione fantastica della realtà e delle umane vicende che compongono l'opera olgosiana, nella speranza di suggerire e rendere giustizia alla ricchezza formale e tematica del suo universo umano e letterario e della sua narrativa, entrata ormai di diritto all'interno di una precisa tradizione letteraria transnazionale che comprende tra gli altri Edgar Allan Poe, Franz Kafka, Arthur Machen, Guy de Maupassant, Jorge Luis Borges, Julio Cortázar, Juan José Arreola, Marco Denevi, Dino Buzzati, Tommaso Landolfi e Italo Calvino."
Recensione
Piuttosto noto in Spagna dove ha pubblicato il suo primo lavoro nel 1991, Olgoso è conosciuto soprattutto entro i confini della penisola iberica per i suoi racconti ultrabrevi, che hanno il pregio di evocare atmosfere e ambienti soprannaturali, del genere Ai confini della realtà.
I suoi racconti pubblicati per la prima volta in Italia nella selezione di Siska contengono dei brevi e raffinati squarci del fantastico nel tessuto del quotidiano, resi ancora più sofisticati dalla presenza grafica di illustrazioni in uno stile che ammicca un po' a Milo Manara e dai suggerimenti di brani musicali da accompagnare alla lettura.
In realtà sono talmente brevi, quasi dei lampi, delle folgorazioni, destabilizzanti e di effetto straniante, che finiscono prima ancora di averli assimilati, e rendono difficile scriverne una recensione che non sia più lunga dei racconti stessi.
Il primo brano è una partenza, un passeggero sale su un treno, diretto non si sa dove nè come, e sembra invitare il lettore a seguirlo, in una sospensione temporanea del principio di realtà, persuadendolo a lasciarsi trasportare in un mondo di stupefacenti trasformazioni e a lasciare dietro di sè la stanchezza del quotidiano.
Alcuni di questi divertissement riescono a tradurre con mirabile forza di sintesi intere storie in una sola riga fatta di tempi verbali: è il caso di Coniugazione, una variante sul tema della coniugazione nelle diverse persone grammaticali che trasforma un gioco quasi enigmistico in un efficace espediente narrativo.
In altri rivivono, tutto sommato senza troppo sfigurare al confronto, atmosfere in bilico tra il paradossale e l'assurdo, che evocano immagini di labirinti babelici borgesiani, e con essi condividono anche i riferimenti alla cultura del mito greco classico, come accade nella breve palinodia che suggerisce, per l'Odissea, un finale diverso da quello tramandato dai testi scolastici.
Del resto di uno dei brevissimi apologhi lo scrittore argentino affetto da cecità è anche protagonista, in un incontro sospeso tra menzogna e illusione, bibliofilia e magia!
Ancora, una brevissima ricetta di cucina, dai risvolti lievemente erotici, rivela tutta intera la carnale consistenza di questo universo denso e iperconnotato, come certi quadri di Salvador Dalì.
Si respira l'aria surreale, densa di simboli e immagini appena abbozzate, che trascinano il lettore in una visione parallela, quasi come se un fulmine, inondando un ambiente di luce improvvisa e fortissima, ne svelasse angoli e anfratti nascosti e brulicanti di vite inaspettate.
La fuga della realtà si realizza nelle crepe sottili che si materializzano dentro i suoi stessi confini e le epifanie che ne fuoriescono lasciano il lettore quasi congelato per la sorpresa, anche se l'inventiva pirotecnica di Olgoso non sembra volersi spingere oltre l'orizzonte dell'effetto speciale.
Leggere questi brevi racconti, in cui il contenuto si riflette anche nelle illustrazioni barocche e languidamente angoscianti di Vanessa Cazzagon, lascia come dopo un rapidissimo spettacolo di fuochi d'artificio, con i colori sgargianti appena spariti, eppure ancora visibili nell'aria.
E con la curiosità e la voglia di leggerne degli altri.
Giudizio:
+4stelle+