Racconti inediti d'autore: "Blu" di Anna Giraldo

Creato il 31 gennaio 2012 da Maila Tritto
Prosegue l'appuntamento con la rubrica Racconti inediti d'autore. Per chi non avesse seguito, sin dall'inizio, vi spiego subito in cosa consiste. Dunque, periodicamente pubblicherò dei racconti inediti  scritti da autrici/autori. In questo modo, cercherò di unire la passione per la lettura - di me, di voi lettori - con la passione per la scrittura, delle autrici che - gentilmente - si sono rese disponibili. Questa volta, ad essere ospite del blog, è Anna Giraldo, autrice di romanzi quali: 436 e T+L Thunder+Lightning che uscirà a febbraio 2012.

Blu
James McFarlane verso King's Cross2 agosto 2008
Prepareremo giorni e stagioni a misura dei nostri sogni
(Paul Eluard)
Il suo battito mi entra dentro. Era molto che non viaggiavo in treno, me n’ero scordato.
Da qualche minuto, ormai, si muove a rilento nella periferia. Un giardino ordinato scivola oltre, un bambino in altalena saluta.
Il cielo è insolitamente terso. Nella strada parallela corre un’auto grigia, l’antenna scintilla al sole di mezzogiorno.
Il retro di una casa di mattoni rossi, bucato steso ad asciugare.
Una ragazzina in canottiera si sdraia nell’erba bruciata di un cortile su un variopinto asciugamano da spiaggia.
Oltrepassa una stazione. Sulla banchina un uomo con la cravatta discute concitato al cellulare.
Poi una schiera di palazzi. Finestre dalle imposte socchiuse, come occhi attenti al suo passaggio. Balconi disadorni. Vasi di piante rinsecchite.
Un ponte. L’acqua scura del canale se ne va al fiume.
La donna seduta sul sedile di fronte rassicura la bambina - Manca poco, tesoro.
Manca poco.
Guardo il cielo. Ho viaggiato tanto per conoscere cieli diversi e ora sono consapevole che ogni cielo è esattamente identico a questo.
Entra pigro nella stazione. I freni stridono nella penombra della pensilina. Un nugolo di persone dai colori smorzati attende.
D’un tratto voglio abbassare il finestrino, affacciarmi, salutare con la mano. Reprimo il desiderio.
Recupero la valigetta, indosso l’impermeabile e gli occhiali scuri. Torno a sedere al mio posto.
Non devo cercare. Spicca come un rubino nell’andirivieni vociante della banchina. Per un istante penso sia tutto sbagliato. Dovrei risalire sul treno e farmi trasportare lontanissimo.
Ma lei è oltre ogni mia aspettativa. Le faccio un cenno con la mano e muovo il primo passo.
È come farlo al rallentatore, è camminare senza procedere, è guardare l’attesa di una vita andarsene via alle proprie spalle, è andarsene via da una vita sbagliata.
Ci sono annunci d’altoparlante e sbuffi di locomotiva. C’è una folla intorno eppure c’è solo lei.
È troppo magra in quel vestitino nero in decolleté. Ha gambe lunghe e sottili e una massa di capelli rossi spostati su una spalla. Dall’altra spalla spunta il viso di un ragazzo biondo, la cinge ai fianchi e le sussurra qualcosa all’orecchio.
Forse non le servo.
Con la coda dell’occhio intravvedo un’anziana signora, ha il volto raggiante mentre si precipita ad accogliere i suoi congiunti.
Invece lei è ferma, con il viso imbronciato e le braccia conserte e quel suo amico la tiene stretta. Io non servo a nulla.
Mi fermo per valutare la distanza. Ma il biondino mi coglie di sorpresa. Tende la mano, si presenta.
Poi mi presenta lei.
Lei tace. I suoi occhi intensi di un blu da spezzare un cuore forte, si sono fissati sulle lenti dei miei occhiali da sole.
Allora io mi rivolgo al ragazzino perché non sono in grado di sostenere oltre quello sguardo.
Gli dico: - È splendida -, e non ci sono altre parole per definirla.
L’altoparlante annuncia una partenza.
Lui la sospinge contro il mio torace. Ci suggerisce di abbracciarci, invece noi rimaniamo immobili, le braccia incrociate di lei fanno barriera.
Poi accade tutto assieme. Provo a stringerla e mi asseconda. L’accarezzo e per la prima volta io sento il suo battito.
- Mi sei mancato, sai? Ogni giorno della mia vita - mi sussurra mia figlia.
FINE

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