Magazine Cultura
Nel Sogno scespiriano si era conclusa la stagione passata, nel Racconto d'inverno riparte la stagione nuova. La Compagnia dell'Elfo sceglie Shakespeare per inaugurare quella che ho definito "la seconda stagione più bella d'Italia" (la prima in assoluto e senza concorrenza e' quella del Piccolo!), e ne rispolvera il penultimo testo scritto, e uno dei meno rappresentati: "Racconto d'inverno", di cui curano anche una nuova traduzione.La storia evoca due drammi ben più noti: "Otello" e "Romeo e Giulietta". Il re di Sicilia Leonte (Ferdinando Bruni), accecato dalla gelosia, accusa ingiustificatamente la moglie, la virtuosa Ermione (Elena Russo Arman) di tradirlo con il suo amico fraterno Polissene (Elio De Capitani). Le conseguenze sono sciagurate: Leonte ripudia la moglie, poi data per morta; perde il primogenito, fa uccidere la bambina appena nata creduta frutto del tradimento di Ermione con Polissene; perde l'onesto Camillo e il fedele Antigono. Più di tutti, perde la sua stessa vita, vissuta nell'alimentare un disprezzo verso la moglie simbolo delle donne (ovviamente viste tutte come peccatrici). Dopo 16 anni avvengono le agnizioni del caso e il lieto fine che differenzia questo Racconto dalla tragedia di Romeo e Giulietta: Leonte può tornare a vivere una vita piena insieme alla propria famiglia e all'amico di sempre. Il meglio della vita, però, è passato: allora conviene trarre insegnamento ed avere più giudizio nel ripudiare gli affetti più cari e nel lasciarsi sopraffare da pulsioni irrazionali. Al di là di questa facile morale ci piacciono piuttosto il ruolo che assumono le donne e i giovani: sono loro i vincitori, i portatori di giudizio, giustizia, integrità, innovazione. Nelle parole di Leonte risiede un odio verso le donne, che invece i fatti rivelano come superiori agli uomini. A loro sono affidate tutte le doti virtuose: in particolare la struttura della vicenda è fondata sull'azione di Ermione, di Paolina (nobil donna che non esita a rivolgersi al re in maniera cruda e violenta) e di Perdita, la principessa allevata come una contadina, in grado con la sua grazia e la sua determinazione a conquistare l'amore del principe figlio di Polissene e a difendere questo loro amore impossibile.I giovani sono l'altro motore dell'azione: contro i padri ancorati nelle vecchie leggi dell'orgoglio e delle convenzioni sociali, la coppia di innamorati Perdita/Florizel riesce a raggiungere quello che è mancato a Romeo e Giulietta, quella pragmaticità che traduce in lotta concreta il loro romantico amore fino a renderli vincitori. Obbligano i loro padri a riconoscere i loro errori...e rimangono vivi, senza languire nel loro amore suicida.Sul piano della realizzazione scenica devo dire che ho trovato il primo atto migliore del secondo. Anche qui siamo in presenza, anzi assenza di scena (leitmotiv di questa stagione): pochissimi oggetti tutti bianchi, su cui risaltano i bei costumi d'epoca. A questa eleganza semplice corrispondono le parole di Shakespeare recitate con uno stile moderno che le libera dal pericolo di risultare imbalsamate. Il secondo atto si apre con la bella scena di monologo del Tempo, davanti alle parrucche dai capelli bianchi indossate dai vari personaggi. Dopodiché compaiono ladri in abiti contemporanei, contadini con un accento che sarebbe simpatico a Bossi, l'esilarante accento siciliano di Nicola Stravalaci, e altri personaggi comici che danno vita a una serie di scene quasi grottesche. Per carità, Bruni-De Capitani hanno fatto delle scene di intermezzo comiche uno stile unico, e del resto si apprezza il loro lavoro di approfondimento di quelle scene che il più delle volte vengono tagliate, dimenticate, rappresentate in maniera superficiale (purtroppo non abbiamo ancora dimenticato la estenuante e inutile scena delle guardie siciliane nel "Molto rumore per nulla" di Lavia visto la scorsa stagione al Carcano). Qui, però, queste scene ci sono sembrate "troppo": troppo numerose, troppo frequenti (il secondo atto ha un montaggio cinematografico velocissimo), troppo grottesche.Lo spettacolo è bello, a mio parere l'Elfo riesce sempre ad avvicinare il pubblico ai Classici in maniera originale e divertente. Ho apprezzato il rispetto che questa Compagnia dimostra verso il pubblico, presentando un lavoro accurato e approfondito. Ripeto sempre che lo scopo primario del teatro è comunicare con il pubblico: l'Elfo ci riesce ancora una volta!Un piccolo appunto al pubblico: da dove viene questa nuova consuetudine di sprecare applausi a scena aperta a ogni scena? Dalla televisione, ovviamente. No comment in merito.
Andate a vederlo!
Al Teatro Elfo Puccini fino al 14 novembre
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