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Racconto dai lettori: Amen

Da Robertodragone

Torno con questa rubrica che in molti credevamo persa. In realtà in questi mesi ho pensato spesso di pubblicare uno dei racconti che mi avete inviato. Ci sono stati periodi in cui non riuscivo a pensare a qualcosa da scrivere per questo blog, e che ci voleva che per tappare i buchi pubblicassi proprio uno dei racconti? Non l’ho fatto perché per me questa rubrica è importante, e non l’ho mai pensata come tappabuchi. Inoltre, se pensavo di essere ignorato, ho invece ricevuto molti consensi, ma soprattutto tanti racconti bellissimi da persone gentilissime, e nel mio piccolo mi sono sentito fiero. In realtà (forse l’ho già detto) grazie a questa rubrica ho capito che in ognuno di noi si nasconde uno scrittore, e anche se alcuni erano racconti scritti per caso, in ognuno il dono della scrittura esplodeva per emozionare il lettore – spesso senza che lo scrittore immaginasse reazioni così positive.

Ma ciancio alle bande. Il racconto di questa volta si intitola Amen (mi è arrivato con il nome tutto in maiuscolo AMEN, non so se è voluto o no, io comunque lo sottolineo) ed è scritto da Alessandra Gerevini, questo il link al suo blog dove potete ammirare anche i suoi scatti. Il racconto è breve, e a me è piaciuto proprio per la sintesi che racchiude. Non ho potuto far altro che ricordarmi di quando anche io… Non vi voglio svelare niente! Prima di lasciarvi alla lettura rinnovo l’invito: inviatemi i racconti a questo indirizzo. Accetto ogni tipo di scritto di qualsiasi lunghezza e argomento. Vi lascio alla lettura del racconto!

AMEN

di Alessandra Gerevini

Andate in pace, nel nome di cristo, amen.
Amen.
Capissi, a volte, in assurdi momenti di lucidità, dove io stia andando.
In chiesa, no. Sicuramente no. Mai più. Da quando ho finito la scuola dalle suore. Che quello che sono arrivata a concludere è che le scuole cattoliche funzionano al contrario. Ti rendono ateo. O quanto meno agnostico. Ma cattolico, cattolico no. Perché non ce la fai più ad un certo punto con le messe le schitarrate i 3 avemaria e 4 padrenostro suore prediche e panche di legno inginocchiatoi.
Don Luigi ti confessava il giovedì, nell’ora di lezione, quindi giù tutti a confessarsi. Ti ci sedevi di fronte, lui stava nel confessionale ma tu no, lui guardava fuori e ti guardava in faccia. Non sono andato a messa, ho detto parolacce, non ho aiutato mia mamma, ho studiato poco. E se eri un maschio, partiva qualche sberla. Così, per chiarire i punti più peccaminosi della tua confessione.
Mah, io me li inventavo i peccati. Davvero non andavo a messa, dicevo parolacce e non aiutavo mia madre, ma mica li consideravo peccati quelli! Li dicevo per aver qualcosa da dire, così Don Luigi era contento e anche Dio era contento ed anche io che saltavo un po’ di lezione. E poi, per non farmi mancare nulla e rubare tutto il rubabile, scrivevo le preghiere dei fedeli (Per i ragazzi di terza, che quest’anno dovranno sostenere gli esami, perché riescano tutti e bene. Ascoltaci o signore. Per il nostro Papa, che continui a guidare a lungo questa chiesa. Ascoltaci o signore. Per suor Maria Teresa, che non è stata bene, che guarisca presto, le vogliamo bene. Ascoltaci o signore. Sono ancora molto brava.), coloravo cartelloni per le mostre scolastiche, recitavo nella via crucis a pasqua e facevo l’angelo a fianco all’altare a natale. Non sempre eh. Era Suor Ginetta che sceglieva. E mi sceglieva. Facevo tutto, ma non prendevo niente sul serio.
Ora qualcosa sul serio ho imparato a prenderlo. Diciamo che mi sforzo di dare il giusto peso alle cose. Diciamo. Forse sono ancora un po’ fuori dalla norma.


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