Racconto di luglio – part. 3

Da Flavialtomonte

Nei capitoli precedenti:
Racconto di luglio – part. 1
Racconto di luglio – part. 2

Dopo circa due ore di preparativi, Romina esce dalla camera da letto che conta una decina di vestiti fuori dall’armadio, e scatole di scarpe capovolte per terra. Un tubino rosa antico la ricopre dal ginocchio alle spalle, smanicato, ed un irresistibile scollo le circonda il collo. Sorride compiaciuta ma poco decisa. Melì le porge una pochette bianca, merlettata, nella mano destra, e la invita a camminare un paio di decoltè che la rendono impacciatissima.

“Non credo di sentirmi a mio agio” le confessa, e disperatamente si lascia andare sul divano rimbalzando sui cuscini che, a loro volta, finisco accanto alle scarpe, appena slacciate. “No, non sono convinta…”, Melì la guarda, le siede a fianco con l’espressione di chi la sta ad ascoltare, ma Romina non dice altro, poggia la testa sulle mani, e rassegnata si fa consolare “cosa c’è che non va? Devi essere contenta: è quello che hai sempre voluto. Ricordo che quando ci siamo conosciute mi dicevi sempre che dopo che ti saresti laureata ti saresti trovata una casa, una sistemazione e un buon marito”.

Di getto, Romina si confessa “è vero, ma avevo due anni di università davanti, e troppa fantasia. Ogni cosa che ho sempre cercato o sperato non si è mai realizzata. Ricordi del posto come redattrice? Ecco, l’ho sperato tanto che alla fine non l’ho ottenuto.”

Con incoraggiamento e un filo di verità Melì riallaccia “forse non è quello che stavi cercando in quel momento. Ricordo che in quel periodo ti passavano tanti pensieri per la testa.
Quando ti poni un obiettivo, devi concentrarti solo su quello e nient’altro. Il tuo desiderio deve sentire l’energia che vuoi metterci.
I progetti della vita immaginali come un gattino fragile e indifeso. Prenditi cura di loro. E sorridi, ogni tanto Romina.
In questo momento per esempio, di cosa hai bisogno?”

“Bella domanda, Melì.” alzandosi dal divano si avvicina al frigorifero con passo felpato – giusto per non rovinare il momento filosofico ed elegante (ma avrei usato il termine impacciato!)e si versa dell’acqua in un bicchiere verde in plastica rigida, singhiozzando un po’ per la domanda un po’ per la richiesta di matrimonio. Finisce l’acqua in un unico sorso, sbavandosi il rossetto, e asciugandosi lacrime e trucco con le dita. Torna a sedere, fa un grosso respiro e piange sempre più forte.

“Romina, non puoi continuare così. Devi essere sicura di quello che vuoi.
Vuoi un libro? Compralo.
Vuoi un nuovo lavoro? Cercalo.
Vuoi fare la spesa? Andiamo!
Tutto quello che vuoi si avvera.”

Ma Romina crede poco a quelle parole e, tra le lacrime, ribatte “ma come fai ad esserne così sicura?”

“Niente è sicuro nella vita, ma una cosa è certa, se hai una convinzione tienitela stretta, non dimenticarla, perché può sempre servirti. E oggi io ho una grande certezza: ti voglio bene Romina.” la stringe forte, lei si sfoga in un lacrimoso lamento, fino a quando il cellulare di Melì squilla.

“Pronto? Clara! Dimmi.”


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