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Se le famiglie di Wes Anderson vengono spesso definite disfunzionali, quella messa in scena da Arnaud Desplechin, pur con i dovuti distinguo, non è certo da meno. Una famiglia meno grottesca e divertente di quelle raccontate dall'illustre collega ma al contempo più vera, dolorosa e coinvolgente, un nucleo familiare toccato da anni dalla tragedia della malattia.
Junon (Catherine Deneuve) e Abel (Jean-Paul Roussillon), sposati ormai da anni, persero il loro secondogenito a causa di una malattia degenerativa curabile solo tramite trapianto di midollo osseo. Purtroppo nè i genitori nè la loro prima figlia Elizabeth (Anne Consigny) risultarono compatibili per la donazione. Neppure la speranza nata con il concepimento del terzo figlio, Henri (Mathieu Amalric), diede buoni frutti. Il bimbo morì ma la coppia resse all'urto della tragedia, tanto da concepire un altro figlio, il piccolo della famiglia, Ivan (Melvil Poupaud).
A molti anni di distanza la malattia torna a far visita alla famiglia Vuillard colpendo questa volta la matriarca Junon ormai nonna di tre nipoti. Nel corso degli anni Elizabeth, moglie di un famoso impresario teatrale, ha sviluppato un'enorme avversione per il fratello Henri, tanto da riuscire ad allontanarlo dalla famiglia, dalla madre Junon che non è mai riuscita ad amarlo e dal padre Abel che cerca di mantenere il più possibile unita la baracca. Dal canto suo Henri non si è mai dimostrato capace di equilibrio tra eccessi, vizi e comportamenti al limite del tollerabile. Proprio il figlio di Elizabeth, Paul (Emile Berling), sembra assomigliare per alcuni squilibri allo zio Henri. L'unico all'apparenza veramente felice sembra il più giovane, Ivan, padre di due bimbi e sposato con la bella Sylvia (Chiara Mastroianni).
Proprio durante il periodo di Natale l'eterogeneo gruppo familiare si ritroverà, ospiti e parenti compresi, per cercare un donatore che possa salvare Junon dallo stesso destino che toccò al suo bambino tanti anni prima. Sarà l'occasione per confronti, rivelazioni, chiarimenti e recriminazioni.
E' fuor di dubbio che il regista francese ami i suoi personaggi e li tratteggi tutti (e sono tanti) con la dovuta cura e il giusto rispetto. La storia familiare fatta di intrecci e relazioni funziona e Desplechin non esita a prendersi tutto il tempo che gli serve per approfondirla e farla girare al meglio. Il ritmo è decisamente rilassato e la durata della pellicola molto dilatata, un film riflessivo e intimo che tocca le due ore e mezza di minutaggio non è per tutti, forse neanche per molti. Per chi ama questo tipo di storia, i film d'attori e i ritmi pacati andrà invece a nozze. Perché, lentezza a parte, il film funziona, i personaggi suscitano interesse e gli attori riescono a renderli tutti vivi e credibili. Non un volto fuori posto, neanche un gesto. Anche i temi più duri, la malattia, i rapporti difficili tra familiari, sono affrontati in maniera lieve e resi sopportabili e quotidiani, in particolar modo dall'atteggiamento della coppia di anziani. Ottime le prove della Deneuve, della Mastroianni e di Amalric su tutti. Un racconto corale dove ognuno dona il suo contributo alla buona riuscita finale.
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