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Racconto inedito "Ladri di polvere" di Desy Giuffrè

Creato il 12 gennaio 2012 da Maila Tritto
Cari lettori, oggi ho il piacere di presentarvi il racconto inedito - per il blog
A dream of reading - Ladri di polvere, scritto da Desy Giuffrè autrice di Io sono Heathcliff, romanzo di prossima pubblicazione (marzo 2012) e edito dalla Fazi Editore. Un ringraziamento a Desy per essere stata nostra ospite.
Il racconto che leggerete ha per protagonista Damian, uno dei personaggi principali del romanzo Io sono Heathcliff.
Buona lettura...
Racconto inedito

Ladri di polvere
di Desy Giuffrè
Il piccolo aeroplano di carta continuava a precipitare in ondeggianti cadute, provato oramai dagli insistenti tentativi di decollo che Damian non smetteva di fare. Il sole era coperto da densi nuvoloni carichi di pioggia, e i bambini stavano riparandosi sotto il vecchio padiglione del giardino della scuola, al richiamo delle maestre che avevano preparato tutta una serie di vassoi ricolmi di tartine farcite in mille modi diversi, crostate alla frutta e dolcetti vari, in occasione della chiusura dell’anno scolastico. Nonostante fosse l’ultimo giorno di collegio per Damian, prossimo ad entrare al quinto anno della scuola primaria, sapeva che avrebbe dovuto aspettare parecchio l’arrivo di suo padre, il quale sarebbe giunto a prenderlo per portarlo a casa molte ore dopo rispetto ai genitori dei suoi compagni, alcuni dei quali erano già arrivati per restarsene lì, quasi ad adorare l’immagine dei loro piccini che scorrazzavano come forsennati avanti e indietro. A volte, era certo che qualcuno di questi uomini in giacca e cravatta o anche qualche mamma in preda all’ansia di lodare le doti dei loro stessi figli, notasse il suo sguardo duro e penetrante gettato sui loro volti sorridenti; una certezza che non gli impediva comunque di provare il desiderio di vederli improvvisamente smaterializzarsi sotto i suoi occhi, incapace di reprimere la rabbia per il fatto di essere così diverso dal resto dei bambini che aveva avuto la sfortuna di conoscere.
«Prendi anche tu una bibita fresca, Damian. Ecco, succo di mela verde». Una delle maestre più giovani gli porse un bicchiere, lasciando che lui lo afferrasse con entrambe le manine sporche di plastilina. Damian ringraziò la ragazza con un sorriso appena accennato; non era abituato a ricevere alcun tipo di attenzione da un paio d’anni a quella parte, e qualsiasi moto di gentilezza nei suoi riguardi arrivava persino a infastidirlo. Si allontanò dall’enorme tavolo rettangolare sul quale svolazzavano gli orli di una linda tovaglia taffetà, per dirigersi verso uno sgabello sgangherato della giostra più esposta all’ombra.
Poi, spinto violentemente da una forza scagliatasi alle sue spalle, Damian non riuscì ad avere più il controllo del proprio corpo e cadde rovinosamente a terra, vedendosi schizzare via dalle mani il bicchiere che andò in frantumi. I minuscoli pezzetti di vetro esplosero negli spruzzi verdi del succo che avrebbe volentieri bevuto, e quella vista gli fece salire il sangue agli occhi, portandolo a rialzarsi velocemente.
Il volto contratto in una smorfia rabbiosa lo faceva apparire di qualche anno più grande, e i pugni stretti, contratti lungo i fianchi, celavano più ira di quanto il cuore di un bambino possa contenere.
«Guarda cos’hai fatto!». Ringhiò. Ma fu costretto a fermarsi, placando in parte gli animi di fronte alla visione pietosa che si ritrovò davanti.
Un bimbo dall’aspetto tremendamente malandato lo osservava, ansimando, attraverso la sottile fessura degli occhi; il suo viso e le sue braccia erano coperti di terra e graffi, e stringeva una piccola saccoccia tra le mani. I due si guardarono a lungo, fin quando i loro polmoni smisero di riempirsi e sgonfiarsi agitatamente.
«Non volevo farti cadere. Stavo scappando».
L’affermazione del bambino lasciò Damian interdetto, dubbioso sul fatto che qualcuno di loro potesse realmente fuggire da quella gabbia colorata in cui si trovavano, ma non obiettò nulla a riguardo.
«Cos’è?». Gli chiese, indicando con lo sguardo la borsetta ornata di merletti rosa. L’altro piegò le labbra in un sorriso maligno, e si avvicinò a Damian guardandosi alle spalle.
«L’ho appena rubato a una smorfiosetta con le codine. Non potevo lasciarmi sfuggire un colpo così grosso, mio padre sarà fiero di me!». Sibilò tra i denti sporchi di cioccolato, e porgendo a Damian la refurtiva per fargli osservare cosa c’era all’interno. Quasi gli sembrò di essere in una scena di quei film polizieschi che amava tanto guardare la sera, prima di andare a letto, e per poco non si lasciò scappare il moto di meraviglia nel vedere il mucchietto di polvere dorata che il piccolo ladro gli mostrava con orgoglio.
«Con questo, io e i miei fratelli non dovremo più andare a dormire con lo stomaco vuoto». Continuò, con uno sguardo carico di convinzione. Ma il flebile raggio di sole che aveva aperto un sottile squarcio tra le nuvole, fino ad arrivare a loro, si ritirò presto. E la luce dorata che faceva brillare la manciata di rena, svanì.
Gli occhi del piccolo ladro si riempirono di lacrime, e per Damian fu un gesto spontaneo quello di cingergli le spalle con un braccio.
«Come ti chiami?». Gli chiese, sorridendo. «Matthew». Rispose l’altro, cacciando via il pianto con una manina. «Questa è solo sabbia, Matthew. Sarà inutile che la porti a tuo padre».
Poi, prima di continuare a parlare, Damian si ricordò della volta in cui fu proprio suo padre, Tony Ludeschi, a dirgli che un giorno sarebbe diventato un malvivente professionista, apprendendo tutti i trucchi del mestiere da lui e dal mondo al quale apparteneva. Fu in quello stesso istante che capì di dover dare una mano al bambino in cui si era imbattuto, ritenendolo un modo per dar prova a se stesso, e a suo padre, di essere già abbastanza grande per intraprendere il percorso a lui destinato.
«Io mi chiamo Damian. E ti prometto che oggi non tornerai a casa con le mani vuote».
I suoi occhi neri si accesero di sfida, una calma assordante s’impadronì del suo sangue. Sapeva di potercela fare: fino a quel momento aveva solo atteso che in lui iniziasse a germogliare quel seme avverso che lo rendeva parte dei Ludeschi. Il bambino di nome Matthew allargò il suo sorriso, e porse la mano in segno di alleanza al suo nuovo amico e compagno di avventura.
«Da oggi, io e te siamo una squadra». Gli disse, ricevendo un silenzioso assenso da parte di Damian.
Quel giorno, i due rubarono il loro primo sacchetto di caramelle e furono felici, pericolosamente felici di distribuirle ai fratelli di Matthew, la stessa sera.
Quel giorno, Damian fu consapevolmente orgoglioso di essere diventato un ladro.
Per ulteriori informazioni relative all'autrice e al romanzo Io sono Heathcliff: http://desygiuffre.blogspot.com/
http://desygiuffre.com/

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