Spero il mio racconto vi piaccia!
Nel cortile di mia nonnadi Silvia Diemmi<><><><><><><><><><><><><><>
Quattro chiacchiere al parco (2008) di Tiziana Baiesi
Nel cortile di mia nonna tutti conoscevano tutti. Tutti i gli anziani che abitavano nelle due palazzine dell’Acer (o come lo chiamavano loro “l’ente autonomo”) si conoscevano, e conoscevano anche tutti i parenti degli altri anziani. Dai 6 ai 16 anni ho trascorso praticamente tutti i miei pomeriggi da mia nonna. D’inverno in casa a fare i compiti e guardare la tv, e d’estate in cortile. Quando ero fortunata c’era anche la Jenny, una mia compagna di classe che abitava con i genitori nell’altra palazzina. Quando ero sfortunata c’ero solo io e mi annoiavo un sacco ascoltando le conversazioni dei anziani, delle loro malattie, dei loro parenti, e cercando di capire quello che dicevano quando improvvisamente abbassavano la voce per non farmi sentire. Ma preferivo comunque starmene in cortile in loro compagnia piuttosto che in casa a guardare la tv. Della combriccola di anziani che abitavano nella palazzina, quella che mi era meno simpatica era la Lidè. La Lidè all’anagrafe si chiamava Aida (ma questo l’ho scoperto anni dopo), che in dialetto faceva Idè, che con l’articolo davanti diventava l’Idè, e che alle orecchie di una bambina che ancora non capiva il dialetto diventava una parola unica. Per me quindi era “la Lidè”. La Lidè aveva i capelli rossi corti e la carnagione pannosa. Abitava al piano terra, nell’appartamento di mezzo, quello che dava sul cortile dietro, dove d’estate non ci si riusciva a stare perché ci batteva il sole tutto il pomeriggio. Credo di essere entrata in casa sua solo una volta o due, e mi ricordo solamente che quando apriva la porta rimanevo abbagliata dalla luce che arrivava dalla finestra. La Lidè parlava male della sua vicina di casa, la Giordana, ma andava sempre a giocare a carte da lei e le chiedeva i piaceri. Io questa cosa non la sopportavo. Non capivo come una persona potesse parlare male di un’altra e poi giocarci a carte insieme. La Lidè aveva un figlio che si chiamava Gaetano, e tutte le volte che lo nominavano mi veniva in mente il cane parlante di Pozzetto in “Mia moglie è una strega”. Quando al cortile di mia nonna mi viene in mente quando io e Jenny scavavamo sotto le panchine alla ricerca di tesori nascosti. Scavavamo un sacco, fino sotto la base su cui poggiava la panchina, ma non trovavamo mai niente di più interessante di qualche coccio di vetro o qualche guscio di lumaca. Però ci divertivamo un sacco. Mi vengono in mente anche le seggiole verdi di nylon intrecciato sulle quali gli anziani scrivevano il loro nome per non confonderle e che riponevano in cantina tutte le sere. Ma la prima cosa che mi viene in mente è il profumo del soffritto che cucinava mia nonna e le cene in cucina sul tavolo in formica celeste che adoravo. Ripenso a io e lei a tavola a cenare davanti alla tv che trametteva Casa Vianello. E adesso mi viene un po’ di malinconia a pensare che quei giorni non torneranno più. Posso provare tutte le ricette del mondo, ma il soffritto fatto con l’Ortolina come lo cucinava mia nonna non lo mangerò più. Nemmeno mia mamma lo sa cucinare come lei. Ma sono contenta perché se chiudo gli occhi mi ricordo ancora il suo sapore.