Scherzi da Befana
“La Befana vien di notte e ci riempirà di botte…”
“Si può sapere perché devi storpiare tutte le filastrocche, mettiti a fare i compiti altrimenti ti ci riempio sul serio di botte!” disse la mamma dalla cucina, esasperata dalla lentezza con cui Marco faceva i compiti.
“Mi diverte e poi le rime ai miei compagni piacciono, ride tutta la classe”, fece eco riprendendo a picchiettare con la penna sul quanderno vuoto: “…il cappello alla romana e non porta la sottana”.
Marco era il terzo di tre figli, arrivò quando i fratelli più grandi andavano già alle superiori, così per loro divenne una specie di giocattolo. Un bravo bambino in fondo, a volte po’ troppo impertinente, non prendeva mai nulla sul serio, abituato com’era a riderne con i fratelli maggiori da cui si sentiva protetto e spalleggiato.
La mamma e il papà provavano spesso a spiegarlo alla maestra che puntualmente li convocava, certo non faceva nulla di male ma le risate dei compagni interrompevano la lezione, disturbavano le attività. Così ogni tanto rimediava una nota sul quaderno e i genitori erano costretti a punirlo, pur rendendosi conto che si trattava in fin dei conti di un bambino di seconda elementare. Speravano che con il tempo sarebbe diventato più maturo.
La mattina del sei gennaio arrivò in fretta, come per tutti i bambini in vacanza. Anche Marco si alzò presto e balzò in cucina: il focolare spento, il disordine della sera prima, sbriciò, guardò, controllò ma della calza della Befana nessuna traccia. Mestamente andò nella camera dei genitori, s’infilò tra loro nel letto. “Che succede?” chiesero ansiosi il papà e la mamma. “Non è passata”, piagnucolò il bambino deluso e triste.
“Stavolta si dev’essere dimenticata di passare - disse la mamma pensierosa - oppure potrebbe essersi offesa per le tue rime impertinenti!”. “Ma io non volevo offenderla” - si affrettò a spiegare il bambino - volevo solo giocare”.
“Capita sai - disse ancora la mamma- di non voler offendere qualcuno e invece si offende anche se non avevamo intenzione di farlo”.
Dopo un po' si avviarono nella cucina apparecchiata per la colazione, Marco voltò la sua tazza e… “Toh una lettera - disse - me l’hai scritta tu mamma?” “No davvero, bimbo mio”, fece la mamma.
Incredulo cominciò a leggere lentamente
Sono la Befana che vien di notte
caro Marco tieniti forte:
le tue rime sono carine
molto simpatiche e birichine,
ma devi imparare per il futuro
a dirle sempre in modo opportuno.
Io non lascio punizioni
solo appunti e riflessioni.
Ora trova la soluzione,
non è difficile fai attenzione:
“Che cos’è che si trova in pieno inverno, verso la fine della primavera, al principio dell'estate e non si trova mai in autunno?”
Ora risolvi il mistero
dell’alfabeto trova il numero.
Conta le pagine del tuo sussidiario.
Troverai lì il mio regalo.
“La Befana ti mette alla prova - disse la mamma - forse vuol dirti qualcosa”.
Ora mio piccolo lettore risolvi l’indovinello e aiuta Marco a trovare il suo regalo della Befana…
Ah che hai detto? Vuoi sapere come finisce?
Dopo averci pensato tanto, quando oramai non ci sperava più, Marco risolse l’indovinello e trovò il suo regalo, in una bustina c’erano i soldini per riparare la bicicletta rotta durante una scorribanda con i fratelli e che a suo tempo non fu riparata dopo un’altra nota della maestra. Da quel giorno imparò a fare le sue battute spiritose solo se necessario e soprattutto a casa o sottovoce durante l’intervallo a scuola, senza offendere nessuno. (Rosalba Cocco - Gennaio 2013 - Tutti i diritti riservati - Condividi allo stesso modo con un link diretto al blog)
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