Radiohead

Da Francibb @francibb

Thom Yorke

E ora? Dopo essere tornati da un concerto dei Radiohead come fare? Dopo la perfezione che cosa altro ci potrà mai essere?

Ore di attesa in piedi, scrosci di pioggia dilavante, sono state l’incipit di una notte passata altrove.  Risucchiati dentro una scenografia da installazione artistica scandinava, a momenti algida e cristallina, altri vulcanica e tellurica, ammaliati dalla voce ineccepibile di York e dalla perfezione dei suoni, gli undicimila di Villa Manin sono stati condotti verso il nirvana e verso la dannazione eterna dal piccolo pifferaio di Oxford. Ed io con loro.
Ore di rapimento puro dal quale, credo, non essermi ancora rimessa. Aprire con Lotus Flower è stata una vigliaccata che ci ha reso subito tutti febbricitanti.

Slowly we unfurl
As lotus flowers
And all I want is the moon upon a stick
Dancing around the pit
Just to see what it is

Forse mi sarei salvata dalla malia se non avessi sgomitato per arrivare sotto le transenne e se non fossi stata presa anche le spire delle movenze di York che nella suo dibattersi scomposto e frenetico riesce persino a risultare sensuale.
Un pubblico prevalentemente maschile quello sotto le transenne, che non si inibiva affatto nell’urlare “I love you Thom!”

Qualità e cura massima del suono, tenuto a livelli acustici corretti, arrangiamenti perfettamente indossati. Suoni sommati, colti, spezzati, campionati in pezzi che potrebbero essere stati accolti senza difficoltà in un live perfetto correvano sopra le nostre teste, spandendosi per l’intero Pianeta. La voce di York? Commozione pura. Capace di falsetti funambolici eseguiti senza alcun disturbo e vibrati precisissimi. Non ho pianto solo perché non volevo perdermi un solo istante di un concerto che, veramente senza abusare, è stato il più bel concerto che io abbia visto.
“Idioteque”, il pezzo finale, energico tanto da dare l’impressione che la serata dovesse appena cominciare, invece che concludersi, ci ha mandato a casa con il corpo, ma lo spirito se l’è tenuto il diavolo.

Cours-d_Expression-Corporelle-avec-Thom-Yorke

Si dice in web (io non ho visto Paula!)

L’imponente struttura comprendeva 12 schermi mobili che incorniciavano un muro luminoso costituito da bottiglie di plastica riciclata. Un messaggio esplicito per dichiarare ancora una volta l’anima ecologista della band, promotrice assieme a Legambiente di una campagna per incoraggiare la raccolta differenziata messa in atto in tutte le tappe del tour. York stesso, prima del live, è uscito a controllare che fossero state correttamente allestite le postazioni di smistamento da loro rigorosamente richieste. Altra campagna supportata dalla presenza della mascotte Paula, una simpatica riproduzione di orso polare che alcuni hanno addirittura scambiato per vera, è il progetto di Greenpeace “Save the Artic”, contro le trivellazioni selvagge e la pesca industriale attorno al Polo Nord.


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