Magazine Poesie

Rafał Wojaczek

Da Paolo Statuti

Rafał Wojaczek: Ritratto del poeta e pittore Zbigniew Kresowaty

Rafał Wojaczek (Ritratto eseguito dal poeta e pittore Zbigniew Kresowaty)

  

   Poeta e prosatore polacco, annoverato nel gruppo dei poeti maledetti. Nacque a Mikołów il 6 dicembre 1945 e morì suicida a Wrocław l’11 maggio 1971. Debuttò nel 1969 con la raccolta Sezon (La stagione), accolta con lusinghieri giudizi dalla critica. Nel 1970 uscì la sua seconda raccolta Inna bajka (Una diversa favola). Postume uscirono Którego nie było (Colui che non c’era, 1972) e Nie skończona krucjata (La crociata non finita, 1972).

   Scriveva solo quando non era in stato di ubriachezza. Si chiudeva in casa per due settimane e senza interruzione scriveva, correggeva, limava. Poi subentrava un intervallo di due-tre settimane, durante il quale si ubriacava da non reggersi in piedi, faceva scenate, provocava scandali. Più volte tentò di togliersi la vita. I medici gli diagnosticarono la schizofrenia. Questa diagnosi pesò su tutta la sua vita. Egli stesso chiese di trascorrere una settimana in una clinica psichiatrica e lì conobbe un’infermiera che diventò sua moglie e gli diede una figlia. Ma il matrimonio non durò neanche un anno e finì col divorzio.

   Gli ultimi anni furono assai difficili – sprofondando sempre più nell’alcol sentiva di non essere più in grado di scrivere come un tempo. E non potendo scrivere, la vita non avrebbe avuto più alcun valore.  L’ultimo tentativo di suicidio gli riuscì. Su un biglietto scrisse esattamente le dosi e i nomi delle medicine che avrebbe preso. Non si sa se per documentare la sua morte, o per lasciare una indicazione per il pronto soccorso. Comunque sia, aveva ingerito una tale quantità di farmaci, tra cui una forte dose di valium, che neanche un pronto intervento avrebbe potuto salvarlo.

   Principali temi della sua poesia sono la morte, l’amore, la femminilità e la carnalità. L’erotismo e la sessualità sono ripetutamente legati alla morte. Il soggetto lirico dei suoi versi parla del dolore, ha il senso della estraneità, si ribella alla ipocrisia del mondo e della società, e ostinatamente esplora gli angoli oscuri dell’anima umana, analizza le proprie paure, inquietudini, ossessioni. Il linguaggio della sua poesia è spesso naturalistico, brutale e osceno. Ma sotto il volgare strato lessicale di Wojaczek si cela anche un profondo lirismo, un bisogno di tenerezza e una grande sensibilità, come emerge dalle lettere alla madre e al suo grande amore Teresa Ziomber.

   Questo poeta così inquieto e tragico, dalla vita così imprevedibile, morto ad appena ventisei anni non ancora compiuti, è stato uno dei fenomeni più controversi nella poesia polacca del XX secolo. E’ sfrecciato come una cometa, lasciando dietro di sé la leggenda, soprattutto tra i giovani.

 

Rafał Wojaczek tradotto da Paolo Statuti

 

Ti parlo piano

Ti parlo così piano come un luccichio

E fioriscono le stelle sul prato del mio sangue

Nei miei occhi è la stella del tuo sangue

Parlo così piano che la mia ombra svanisce

 

Sono un’isola fresca per il tuo corpo

che cade di notte come goccia ardente

Ti parlo così piano come nel sonno

il tuo sudore sulla mia pelle brucia

 

Ti parlo così piano come un uccello

all’alba il sole cala nei tuoi occhi

Ti parlo così piano

come lacrima che scolpisce una ruga

 

Ti parlo così piano

come tu fai con me

 

Mito di famiglia

 

Kiełbasa * -  

Mia madre commestibile

 

E’ appesa a un gancio di nichel

e odora di camino

 

Costa poco del resto non è mai stata cara

era comprensiva e conosceva le possibilità

 

Io sono figlio di mia madre

e di un certo giovanotto

che non fu prudente

e di sicuro cattivo

ma forse soltanto non sapeva

Mia madre allora era stordita

e poi si pentì

 

Adesso io ho fame

e mia madre pende

 

Dunque fisso la vetrina

e sento

che mi cola

la saliva e lo sperma

 

Lo so tra un istante non esiterò più

entrerò e chiederò

proprio questa

Kiełbasa –

Mia madre commestibile

E’ la mia fame dell’infanzia

* Salame in polacco

 

Sii per me

 

Sii per me dai piedi alla testa, dal tallone all’orecchio

Dai ginocchi all’inguine, dal gomito alle unghie

Sotto l’ascella, sotto la lingua, dal clitoride alle ciglia.

 

Sii il polo del mio cuore anormale

Il cancro che mangia il cervello e permetterà di sentirlo

Sii l’acqua dell’ossigeno per i polmoni bruciati.

 

Sii  per me reggiseno, mutande, giarrettiera

Sii culla per il corpo, bambinaia che culla

Mangiami lo sporco delle unghie, bevi il sangue mensile.

 

Sii passione e compimento, piacere, di nuovo fame

Passato e futuro, secondo ed eternità

Sii ragazzo, sii ragazza, sii notte e giorno.

 

Sii per me vita, gioia, sii morte, gelosia

Sii rabbia e disprezzo, disgrazia e noia

Sii Dio, sii Negro, padre, madre, figlio.

 

Sii – e non chiedere come Ti ripagherò

E allora gratis prenderai il più bel tradimento:

L’amore che sveglierà la morte addormentata in Te.

 

La stagione

 

C’è la ringhiera

ma non ci sono le scale

C’è l’io

ma non ci sono io

C’è il freddo

ma non ci sono le calde pelli degli animali

le pellicce d’orso le code di volpe

 

Dal momento in cui è bagnato

è molto bagnato

l’io ama il bagnato

sulla piazza, senza l’ombrello

 

C’è il buio

c’è il buio come il più buio

io non ci sono

 

Non c’è il dormire

Non c’è il respirare

Il vivere non c’è

 

Soltanto gli alberi si muovono

insolito muoversi degli alberi

 

generano un gatto nero

che percorre tutte le strade

 

Scrivo amore

 

per te scrivo amore

io senza nome

animale insonne

 

scrivo spaventato

solo di fronte a Te

che ti chiami Essere

io carne della preghiera

di cui Tu sei l’uccello

 

dalle labbra cola

una goccia di alcol

in essa tutti i soli e le stelle

l’unico sole di questa stagione

 

dalle labbra cola

una goccia di sangue

e dove è la Tua lingua

che calmi il dolore

causato dalla parola morsa

amo

 

 

 

 

*  *  *

I capelli assonnati assonnata la veste Lesbia assonnata

   Il brugo del sonno dolcemente elargisce l’arsenico

L’udito dorme la voce tace Dio muore

   Sordamente fruscia una conchiglia dell’oceano

Il bianco pesce del corpo lentamente nuota

 

 



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