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Rage against the machines

Da Marcoscataglini
Rage against the machines
Ned Ludd nel 1779, agli albori della Rivoluzione industriale in Inghilterra, ruppe un telaio in segno di protesta contro l'introduzione di queste macchine, che -secondo la sua opinione- toglievano lavoro agli operai, riducendoli alla fame. Nacque così il movimento del Luddismo, che presto fece innumerevoli proseliti, e provocò scontri e vittime, ma che diede anche il via alle lotte per i diritti sindacali e a un nuovo modo di concepire il lavoro in fabbrica. Comunque, da allora, ogni tanto, ci sono rigurgiti neo-luddisti (basti vedere la posizione del cantante pop Elton John citata da Wikipedia), con fantasiose proposte di chiusura di Internet o di abbandono delle nuove tecnologie digitali. Confesso che ogni tanto, sento di provare dei brividi luddisti anch'io. Sono un convinto sostenitore della tecnologia digitale: mi sembra che, come ogni altra tecnologia, metta a nostra disposizione delle possibilità, che prima non avevamo, e che spetti poi a noi utilizzare nel migliore dei modi.Però trovo insopportabile il fatto che, in una logica sostanzialmente commerciale, tutto ciò che veniva fatto prima debba essere annullato e dimenticato. Il CD è nettamente migliore del vinile quando si tratta di ascoltare musica, e un amplificatore a transistor è ben più efficiente di uno a valvole. Questo significa necessariamente che i 33 giri in vinile debbano finire in discarica e occorra smettere di produrre valvole e amplificatori valvolari? Credo di no, e ogni appassionato di Hi-Fi potrà testimoniarlo. La Technics ha cessato la produzione del giradischi 1200s (un mito per i DJ), così come sono andati in pensione i registratori a nastro (e il walkman a cassette della Sony), il tutto perché oggi la musica si ascolta nel formato MP3, e si scarica da Internet. Un bel passo avanti, non c'è dubbio. Inutile star lì a sottolineare la poesia della puntina che si posava nel microsolco, inutile parlare di wow & flutter, o discettare del calore della musica veicolata da un ampli valvolare: è il mercato a dettare le regole. Chi siamo noi per opporci al mercato? Siamo o non siamo consumatori? Allora consumiamo e basta! Trasportiamo tutta questa lunga (pardon!) dissertazione nel campo della fotografia e vediamo che alla fine le cose vanno né più né meno allo stesso modo. Certo, c'è un ritorno alla pellicola, certo si tornano a produrre le Polaroid sotto il nome di Impossible Project, certo c'è tutto il movimento della Lomografia, le Toy Cameras, e via elencando. Tutti fenomeni interessanti, a cui peraltro aderisco con convinzione, ma che spostano appena il problema. Che non è, attenzione, quello della tecnologia digitale. Che oramai è matura e in grado di sostituire pienamente la precedente tecnologia fotochimica (che auspico divenga magari di nicchia, ma che spero proprio non si estingua mai!): il problema vero è la corsa al consumo. Vi rendete conto del valore intrinseco della parola? La tecnologia va avanti non solo e non tanto perché se ne sente la necessità, quanto perché occorre convincere il pubblico che l'oggetto acquistato è obsoleto, e va rottamato, quindi sostituito. Le fotocamere sono beni di consumo: fino a vent'anni fa, le fotocamere passavano da padre in figlio, invece! Poi forse se ne acquistavano altre diciamo per il proprio piacere personale, ma una fotocamera a pellicola è sempre buona, sempre in grado di svolgere il proprio compito, come dimostra il fatto che su eBay se ne possono comprare a centinaia, anche di trent'anni o più fa, tutte perfettamente utilizzabili. Col digitale, invece, sembra non sia così. C'erano le fotocamere da 5-6 megapixel, poi da 10, 14, ora 24, anche 26 megapixel, e via crescendo. Io possiedo una Nikon D40 da 6 megapixel: è perfettamente in grado di svolgere il suo compito, che è quello di riprendere le immagini che io gli "ordino" di riprendere. La mia vecchia (si fa per dire) D2x col doppio dei megapixel, faceva altrettanto. Ciononostante, nessuno riterrebbe la D40 una fotocamera "seria". Ma scommetto che chi lo pensa è un consumatore, mica un fotografo...

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