Rai, uno dopo l’altro via i direttori leghisti: la strategia di Gubitosi (Il Messaggero)

Creato il 22 settembre 2013 da Nicoladki @NicolaRaiano

Davide Caparini (Lega Nord)

Lontano dai riflettori, senza polemiche apparenti, è in atto nella Rai dei neo-professori una sistematica «de-leghizzazione» dei vertici. In poche settimane, i direttori nominati in quota Carroccio per un motivo o per un altro sono stati accompagnati all’uscita. Se l’addio alla tv pubblica per trovare rifugio a La7 del conduttore Gianluigi Paragone (già direttore de La Padania ora in odore di 5 Stelle) è stato tutto sommato indolore, ben altro peso hanno le dimissioni (ufficialmente per motivi personali, ma tra i lumbard ci credono in pochi) di Alessandro Casarin. Il giornalista in quota Lega ma apprezzato un po’ da tutti, guidava la TgR, cioè la testata regionale, la più grande della Rai e presidio decisivo per chi, come il partito di Maroni, articola la propria politica sul territorio.
Quasi contestualmente il Cda di Viale Mazzini ha approvato la proposta di nomina di Pasquale D'Alessandro, leghista o ex, a Rai 5. Ma non si tratta di un risarcimento, perché il direttore uscente è quel Massimo Ferrario che, sempre in quota Lega senza se e senza ma, ha guidato anche Raidue e ora si deve accontentare della sede ligure della tv pubblica.
Ma non finisce qui, perché nell’ufficio del direttore generale Luigi Gubitosi è stato convocato un altro leghista, Aldo Papa, direttore di Isoradio e dei canali di pubblica utilità. Papa ha portato slide e grafici che evidenziano i buoni risultati del proprio lavoro, ma Gubitosi gli ha chiesto ugualmente di lasciare la poltrona. Richiesta non negoziabile, visto che, anche senza la nomina di un successore, da qualche giorno Papa ha obbedientemente lasciato Saxa Rubra per trasferirsi in un ufficio senza incarichi operativi a via Asiago.
«Pare proprio che io sia l’ultimo dei mohicani», scherza Antonio Marano, vice direttore generale da anni ed effettivamente ultimo leghista in Rai con incarichi di rilievo. Marano, già deputato e attivo in altri network televisivi, evita abilmente di buttarla in politica. «Sono un professionista – dice – come Papa, Casarin e gli altri. Continuo il mio lavoro e spero che per i colleghi trovino altri incarichi che valorizzino le loro qualità». Se chi è in Rai tiene le acque calme per evitare il peggio, al partito suona un’altra musica. «La Rai è morta, irriformabile», attacca Davide Caparini, storico rappresentante leghista in Vigilanza. «Noi abbiamo rinunciato anche a un rappresentante in Cda vista la fine di ogni reale progetto per valorizzare le specificità territoriali, nell’informazione e nei programmi. Quello che accade ai direttori a noi vicini è la dimostrazione della validità dei nostri giudizi». Resta il problema di sostituire ad alto livello i direttori uscenti. Il leader dell’Usigrai Vittorio Di Trapani chiede almeno che la Rai nomini al più presto il nuovo direttore della TgR, «con un mandato pieno a rafforzare la missione editoriale della Testata regionale, proiettandola nel futuro, anche attraverso un piano di innovazione tecnologica di tutte le sedi».
Alberto Guarnieri per "Il Messaggero"

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