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Rainer Maria Rilke, Il diario fiorentino

Da Paolorossi

Rainer Maria Rilke, Il diario fiorentino

Abito a Firenze da quattordici giorni.
Sul lungarno Serristori, non lontano dal Ponte alle Grazie, si trova la casa di cui mi appartiene il terzo piano, sia nella parte coperta sia nell’altra vastissima. La camera in sé è soltanto l’atrio (comprende anche la scala che dal terzo piano porta in alto), la vera dimora è rappresentata dall’alta e spaziosa terrazza di pietra, magnifica al punto che potrei abitarla e persino ricevervi degnamente un ospite di riguardo. La parete all’esterno è coperta a profusione di rose gialle cariche di profumo e da piccoli fiori gialli non dissimili dalle roselline; solo che questi salgono lungo alte spalliere un poco più quieti e obbedienti, a due a due, quasi come angeli di fra’ Fiesole del Giudizio Universale. [...] Ma come sbiadisce la magnificenza di questa parete rispetto allo splendore  dei tre alti lati, dinanzi ai quali pende il paesaggio ampio, caldo, un po’ stilizzato dalla debolezza della mia vista che può cogliere soltanto accordi di colore e incontri di linee! Ricco il mattino nel fulgore di cento speranze, quasi vibrante di attesa impaziente, ricco a mezzogiorno, sazio, carico di doni e pesante di una nuda chiarezza e di una celeste profondità nella sera che si spegne. Comincia l’ora in cui la luce diventa di un blu d’acciaio e le cose si affilano su di essa.. Più snelle sembrano levarsi le torri dalla folla delle cupole e i merlo del Palazzo della Signoria sono come irrigiditi nel loro antico orgoglio.

(Rainer Maria Rilke, Il diario fiorentino, 1981, pp.49-51)
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