"Quando la guerra finì, lo imprigionarono sotto la montagna. E per poter essere avvertiti se mai avesse cercato di fuggire, costruirono con la magia e con l'arte le cinque pietreguardiane, ultima e suprema creazione di Ginserat.
[...]
Il tempo trascorse, gli anni passarono con la rapidità di una tempesta [...].
E sotto la grande montagna di Rangat dalle Spalle Cinte di Nubi, nel Nord percosso dai venti, una figura continuò a contorcersi nelle catene che la imprigionavano: una figura divorata da un odio ai limiti della follia, ma pienamente consapevole del fatto che le pietreguardiane avrebbero dato un segnale di avvertimento se solo avesse dispiegato i suoi poteri per liberarsi.
Comunque, lui poteva permettersi di aspettare, perché la sua vita era estranea al tempo, estranea alla morte. Poteva meditare sulla sua vendetta e sui suoi ricordi... non dimenticava mai nulla. Poteva continuare a ripetersi mentalmente i nomi dei suoi nemici e ripensare a quando, con la mano artigliata, aveva strappato dal collo di Ra-Termaine la sua collana sporca di sangue. Ma soprattutto poteva aspettare: aspettare che i cicli degli uomini si rivolgessero come quelli delle stelle, mentre gli alstri medesimi cambiavano configurazione sotto la spinta degli anni. Sapeva che sarebbe giunto un momento in cui la guardia si sarebbe allentata, in cui uno dei cinque guardiani avrebbe fatto un passo falso. E allora lui avrebbe potuto, nella massima segretezza, sfruttare la sua forza per chiamare aiuto, e sarebbe giunto il giorno in cui Rakoth Maugrim il Distruttore sarebbe stato di nuovo libero a Fionavar.
E così passarono mille anni, sotto il sole e le stelle del primo di tutti i mondi..."
Guy Gavriel Kay, La strada dei re.
Lo spunto di partenza non avrebbe potuto essere più tolkieniano: un essere semidivino è stato sconfitto in un lontano passato da un'alleanza di popoli diversi e imprigionato, visto che non era possibile ucciderlo. Solo che ora si sta risvegliando (o, in questo caso, liberando), e il suo risveglio potrebbe significare la fine del mondo. E mentre Rakoth prepara il suo attacco al mondo di Fionavar noi vi entriamo per una festa, l'anniversario dei cinquantesimo anno di regno di Ailell.
Tutti i parallelismi sono puramente intenzionali. Alcuni anni prima Kay aveva collaborato con Christopher Tolkien alla revisione del Silmarillion, rimasto incompiuto alla morte di J.R.R. Tolkien. Ovvio quindi che lo scrittore esordiente avesse bene in mente le opere del professore di Oxford, senza contare che nelle interviste ha ripetutamente affermato di aver scelto deliberatamente un'atmosfera tolkieniana per poi allontanarsene e dimostrare così che era possibile narrare nuove storie mantenendo lo spirito di Tolkien ma creando qualcosa di unico e originale.
Il suo progetto è perfettamente riuscito. Se l'atmosfera iniziale sa molto di Signore degli anelli, la trama se ne discosta decisamente, per andare a innestarsi su un patrimonio di miti nordici, ciclo arturiano e creazioni originali fino a formare un connubio straordinario. I personaggi sono vivi e affascinanti, e visto che non tutti sopravvivono alla vicenda il lettore non può che tremare per loro.
In realtà nel romanzo di Kay non è solo il mondo di Fionavar a essere in pericolo. Visto che Fionavar è il primo di tutti i mondi, dal quale discendono tutti gli altri e di cui sono uno specchio imperfetto e sempre più distante, se Rakoth dovesse vincere la sua presa si serrerebbe su tutti i mondi, anche sul nostro. Perciò non resta che sperare che cinque ignari ragazzi di Toronto e i loro nuovi amici riescano a portare a termine un'impresa che sembra impossibile.
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