Di Francesca Abbatiello. Il ramadan è il mese del digiuno, in cui i musulmani si astengono dal mangiare, dal bene e da altri piaceri dall’alba al tramonto. È permesso consumare il “suhur”, un pasto frugale che deve essere mangiato prima dell’alba. Solo quando cala il buio si può mangiare.
Per quanto riguarda le origini religiose dell’usanza, il ramadan è il periodo durante il quale l’Arcangelo Gabriele dettó a Maometto le sure del Corano.
Proprio questo digiuno è uno dei cinque pilastri dell’Islam insieme alla professione di fede, la preghiera quotidiana, il pellegrinaggio alla Mecca e l’elemosina. Solo chi è malato o in viaggio è esonerato da queste regole, come lo sono anche le donne incinte e i bambini.
Questo mese sacro è iniziato all’insegna di sconvolgimenti e odi senza precedenti. Le violenze a cui stiamo assistendo non accennano a finire. In Siria vi è la guerra civile, quindi il paese è avvolto dalle fiamme.
In Iraq, i militantisunniti hanno ooccupato alcune zone, mentre in Libia, Pakistan e Afghanistan stanno combattendo contro l’estremismo islamico.
Questo mese sacro è per i musulmani un momento di preghiera e di introspezione.
Allora perché tante violenze? Gli estremisti sunniti ritengono che il ramadan accresca il fervore religioso e quindi gli attentati commessi in questo periodo hanno più valore e sono meglio ricompesati da Dio.
Può mai essere che un Dio giustifichi l’uccisione tra civili in suo nome dando agli altri paesi un quadro nero della situazione?
Ebbene sì, il vicino Oriente ha deciso svestirsi della sua identità, vestendosi di un fonddamentalismo che usano per ottenere potere. Finiscono così per giustificare le loro azioni malvagie.
A questa situazione i cristiani dell’Oriente come dovebbero rispondere? Il teologo Bishara Ebeid ci dà una soluzione. Egli sostiene che “bisogna perseguire la via della pace. Bisogna lavorare per la sicurezza e per la pace senza pregiudizi e senza politiche di interesse, ma soprattutto serve il dialogo con il mondo, con l’altro, con il diverso”.