A un film che si apre sul faccione di Woody Harrelson non posso voler male. Così come un film che comincia con un primo piano delle chiappe di Scarlett Johansson come Lost in Translation non posso fare a meno di adorarlo. Vedete? Non è una questione sessuale, è una questione di icone cinematografiche. Woody e Scarlett sono mie due icone cinematografiche assolute. Che poi Scarlett sia anche una bella topolona, quello non importa. Oddio, è un di più non da poco, però non è l’unica cosa che conta. Io Woody Harrelson l’ho sempre adorato, un po’ come Tom Hanks invece l’ho sempre odiato. Non so neanche spiegare bene il perché, è una sensazione, una cosa che senti a pelle. Non è qualcosa di razionale. Anche se, razionalmente parlando, Woody Harrelson è un attore della Madonna, mentre Tom Hanks è bravo solo a fare la parte dello scemo. Ma vabbè.
Il film Rampart è l’ennesima testimonianza della bravura di Woody Harrelson. Per confermarlo, chiamo al banco dei testimoni Rampart.
Rampart: “Lo giuro davanti a Dio. Woody Harrelson è bravissimo.”
"Hey Ben Foster, ma che fai?
Ti spacci per disabile per vincere un Oscar facile come Tom Hanks?"
A proposito di Oltre le regole – The Messenger, il regista di Rampart è lo stesso: Oren Moverman, un buon talento, secondo me però non ancora messo del tutto a fuoco e che in futuro potrà fare ancora meglio. Qui Moverman ci regala qualche scena notevole, come quella nel locale sulle note della devastante “Let There Be Light” dei Justice, mentre per il resto della pellicola sembra viaggiare quasi sempre con il freno a mano tirato. Perché? Boh, chiedetelo a lui.
"Two sigarett is megl che one."
La sceneggiatura, piuttosto minimal e focalizzata soprattutto su quello stronzo del protagonista, è curata dallo stesso Moverman insieme a James Ellroy, scusate se è poco. Dopo la scomparsa di Elmore Leonard, Ellroy è quello che oggi possiamo forse considerare il più grande re del noir vivente.I due sono impegnati a riportare in vita uno scandalo che aveva scosso parecchio l’opinione pubblica americana tra fine Anni Novanta e primi Anni Zero, lo scandalo Rampart, ovvero vari episodi di violenza e corruzione che avevano visto protagonista in negativo la divisione Rampart del Dipartimento di Polizia di Los Angeles. È da qui che i due hanno preso ispirazione ma, più che ricostruire tutti i vari casi, alcuni agenti della Rampart pare ad esempio siano stati coinvolti nella morte del rapper Notorious B.I.G., le loro attenzioni sono tutte rivolte sul personaggio di Woody Harrelson. Forse è per questo che il film è passato parecchio inosservato negli USA. Perché qui non si cerca una ricostruzione storica di quegli eventi. Qui non si cerca di fare un film cronachistico. Qui non si cerca di fare un servizio alla Studio Aperto o alla Quarto Grado. Qui si racconta di un uomo. Di uno stronzo. Non uno stronzo di quelli talmente stronzi da risultare alla fine simpatici. Un povero stronzo e basta. E se alla fine si riesce quasi a volergli un poco di bene, è tutta colpa di Woody Harrelson. Così come alla pellicola in generale. Con a disposizione un regista promettente, uno sceneggiatore che ‘sti cazzi, un cast di buon livello che comprende tra gli altri Ben Foster, Brie Larson, Steve Buscemi, Anne Heche, Ice Cube e Robin Wright, più una colonna sonora niente male, ci si sarebbe potuti aspettare un capolavoro o quasi e invece così non è. Rampart è un film incompiuto, sospeso, un noir dal buon potenziale che non si può dire del tutto riuscito e che, dopo un ottimo avvio, non ce la fa a decollare del tutto. Eppure non riesco a voler male a un film del genere. Tutta colpa di Woody Harrelson, ‘sto maledetto stronzo. (voto 6,5/10)