Di questi primi venti anni di Berlusconi tutto si potrà dire meno che una “dittatura” basata sulle illusioni non avesse una logica e che tale logica non fosse stringente, diabolica, scientificamente pianificata e messa in atto con la lucida follia del serial killer. In questa repubblica delle banane, trasformatasi negli anni in una sorta di cloaca a cielo aperto, è accaduto davvero di tutto, spesso alla luce del sole, altrettanto frequentemente nelle stanze non troppo segrete di Arcore prima e di Palazzo Grazioli poi. Nel salotto buono di Villa San Martino, Silvio ricevette, la vigilia di Natale del 2005, da Fabrizio Favata, il famoso nastro della intercettazione telefonica fra Piero Fassino e Giovanni Consorte nella quale l’allora segretario dei Ds chiedeva al presidente di Unipol se “avessero una banca”. Quella intercettazione, per la quale Silvio ringraziò Favata a nome dell’intera famiglia, era una faccenda priva di qualsiasi risvolto penale ma servì a ridare credibilità a un Berlusconi sul viale del tramonto. Qualche anno prima, esattamente nel 2001, Silvio aveva dato ufficialmente il via alla sua strategia della macchina del fango nel famoso affaire di Telekom Serbia. Ripercorriamolo brevemente. Nel 1997 Telecom Italia acquista il 29 per cento delle azioni di Telekom Serbia pagandole 893 milioni di marchi. Incaricata dell’acquisto fu la consociata Stet che, per quella operazione, versò una tangente (come scoprirono Bonini e D’Avanzo di Repubblica) a funzionari del governo di Milosevic. Capo del governo era allora Romano Prodi e le rivelazioni dei due giornalisti di Repubblica gli procurarono un mare di guai visto che Silvio ne approfittò spudoratamente unendo il nome dell’allora premier alla tangente attraverso un semplice sillogismo: Telecom ha pagato una tangente, lo Stato controlla Telecom, lo Stato ha pagato la tangente e, quindi, Romano Prodi, Piero Fassino ministro degli Esteri e Lamberto Dini ministro del Tesoro. Questa accusa basata sul nulla, portò Berlusconi a dire pubblicamente, a Porta a Porta condotta dal fido Bruno Vespa: “L’affare Telekom Serbia è tutta una tangente”. Al resto pensarono gli house organ che ne fecero titoloni di prima pagina per ben 32 volte. Le conseguenze mediatiche dell’operazione si rivelarono, per Prodi e i suoi ministri, devastanti. Berlusconi, tornato al potere grazie anche allo sputtanamento dei suoi nemici, mise in piedi perfino una commissione d’inchiesta la cui presidenza venne affidata al “galantuomo” Enzo Trantino di An e costruito ad arte, come spesso è avvenuto, e avviene, un supertestimone, Igor Marini, di professione faccendiere e, secondo la magistratura, calunniatore. Non si sa da dove spuntato fuori, Marini si rese protagonista indiscusso della “madre di tutte le macchine del fango” (definizione di Ezio Mauro) rendendo dichiarazioni false in una commissione che non voleva altro che sentirsi dire falsità. Marini, semplicemente, li accontentò. E per rendersi più credibile, così com’era avvenuto nell’altro famoso caso di democristiana corruzione, il “Lockheed”, si inventò perfino i nomi in codice dei protagonisti. Fu così che Romano Prodi venne chiamato fantasiosamente “Mortadella”, Piero Fassino “Cicogna” e Lamberto Dini “Ranocchia”. Chi ha una certa età non può non ricordare quello che avvenne in quel periodo né può aver cancellato dalla memoria gli attacchi vergognosi che investirono i tre uomini politici soprattutto da parte delle reti Mediaset e del Giornale, diretto allora da Maurizio Belpietro. I componenti della commissione del centrodestra fecero la loro parte e si lasciarono andare a dichiarazioni che ancora oggi gridano vendetta. Carlo Taormina, allora avvocato falco berlusconiano, disse: “È venuto il momento che Prodi, Fassino e Dini subiscano le conseguenze della più devastante delle corruzioni che mai sia stata consumata nella storia della repubblica e gli uffici giudiziari debbono comportarsi conseguentemente anche provvedendo all’arresto di questi personaggi”. Ma il più ridicolo di tutti fu, e non è un caso, Roberto Calderoli che affermò: “Ho trovato in Marini una persona di una memoria che fa impallidire Pico Della Mirandola, intelligente, sveglio, preparato...”. E Giuseppe Consolo: “Aumenta la credibilità di Igor Marini, è innegabilmente più credibile di ieri”. Orbene. L’11 novembre scorso "Pico Della Mirandola" è stato condannato a dieci anni di reclusione (il pm ne aveva chiesti 12), per calunnia aggravata e continuata. Bonini e D’Avanzo, come fanno tutti i giornalisti che amano il loro lavoro e vanno fino in fondo alle notizie, avevano nel frattempo provveduto a smascherare il complotto che si celava dietro le dichiarazioni di Marini, un immenso trappolone teso al governo di centrosinistra del quale ancora oggi, però, non si conosce il “mandante” (sic!). Ecco cos’è stato, e cos’è il regime berlusconiano, un perfetto nulla basato sulla distruzione sistematica, a mezzo media, dei nemici politici. E invece di ammettere di essere un cazzone avariato (indovinello cinematografico), Silvio pretende ancora di dettare le agende politiche a chicchessia, con buona pace di Prodi, Fassino, Dini, Fini, Boffo, Bocchino, Marrazzo, la signora Marcegaglia e altrettanta degna compagnia. Attento Professore, alla fine si scoprirà che anche lei ha un’amante. Suora.
Magazine Politica
Ranocchia, Mortadella e Cicogna. Così partì la grande macchina del fango targata Silvio
Creato il 01 dicembre 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Di questi primi venti anni di Berlusconi tutto si potrà dire meno che una “dittatura” basata sulle illusioni non avesse una logica e che tale logica non fosse stringente, diabolica, scientificamente pianificata e messa in atto con la lucida follia del serial killer. In questa repubblica delle banane, trasformatasi negli anni in una sorta di cloaca a cielo aperto, è accaduto davvero di tutto, spesso alla luce del sole, altrettanto frequentemente nelle stanze non troppo segrete di Arcore prima e di Palazzo Grazioli poi. Nel salotto buono di Villa San Martino, Silvio ricevette, la vigilia di Natale del 2005, da Fabrizio Favata, il famoso nastro della intercettazione telefonica fra Piero Fassino e Giovanni Consorte nella quale l’allora segretario dei Ds chiedeva al presidente di Unipol se “avessero una banca”. Quella intercettazione, per la quale Silvio ringraziò Favata a nome dell’intera famiglia, era una faccenda priva di qualsiasi risvolto penale ma servì a ridare credibilità a un Berlusconi sul viale del tramonto. Qualche anno prima, esattamente nel 2001, Silvio aveva dato ufficialmente il via alla sua strategia della macchina del fango nel famoso affaire di Telekom Serbia. Ripercorriamolo brevemente. Nel 1997 Telecom Italia acquista il 29 per cento delle azioni di Telekom Serbia pagandole 893 milioni di marchi. Incaricata dell’acquisto fu la consociata Stet che, per quella operazione, versò una tangente (come scoprirono Bonini e D’Avanzo di Repubblica) a funzionari del governo di Milosevic. Capo del governo era allora Romano Prodi e le rivelazioni dei due giornalisti di Repubblica gli procurarono un mare di guai visto che Silvio ne approfittò spudoratamente unendo il nome dell’allora premier alla tangente attraverso un semplice sillogismo: Telecom ha pagato una tangente, lo Stato controlla Telecom, lo Stato ha pagato la tangente e, quindi, Romano Prodi, Piero Fassino ministro degli Esteri e Lamberto Dini ministro del Tesoro. Questa accusa basata sul nulla, portò Berlusconi a dire pubblicamente, a Porta a Porta condotta dal fido Bruno Vespa: “L’affare Telekom Serbia è tutta una tangente”. Al resto pensarono gli house organ che ne fecero titoloni di prima pagina per ben 32 volte. Le conseguenze mediatiche dell’operazione si rivelarono, per Prodi e i suoi ministri, devastanti. Berlusconi, tornato al potere grazie anche allo sputtanamento dei suoi nemici, mise in piedi perfino una commissione d’inchiesta la cui presidenza venne affidata al “galantuomo” Enzo Trantino di An e costruito ad arte, come spesso è avvenuto, e avviene, un supertestimone, Igor Marini, di professione faccendiere e, secondo la magistratura, calunniatore. Non si sa da dove spuntato fuori, Marini si rese protagonista indiscusso della “madre di tutte le macchine del fango” (definizione di Ezio Mauro) rendendo dichiarazioni false in una commissione che non voleva altro che sentirsi dire falsità. Marini, semplicemente, li accontentò. E per rendersi più credibile, così com’era avvenuto nell’altro famoso caso di democristiana corruzione, il “Lockheed”, si inventò perfino i nomi in codice dei protagonisti. Fu così che Romano Prodi venne chiamato fantasiosamente “Mortadella”, Piero Fassino “Cicogna” e Lamberto Dini “Ranocchia”. Chi ha una certa età non può non ricordare quello che avvenne in quel periodo né può aver cancellato dalla memoria gli attacchi vergognosi che investirono i tre uomini politici soprattutto da parte delle reti Mediaset e del Giornale, diretto allora da Maurizio Belpietro. I componenti della commissione del centrodestra fecero la loro parte e si lasciarono andare a dichiarazioni che ancora oggi gridano vendetta. Carlo Taormina, allora avvocato falco berlusconiano, disse: “È venuto il momento che Prodi, Fassino e Dini subiscano le conseguenze della più devastante delle corruzioni che mai sia stata consumata nella storia della repubblica e gli uffici giudiziari debbono comportarsi conseguentemente anche provvedendo all’arresto di questi personaggi”. Ma il più ridicolo di tutti fu, e non è un caso, Roberto Calderoli che affermò: “Ho trovato in Marini una persona di una memoria che fa impallidire Pico Della Mirandola, intelligente, sveglio, preparato...”. E Giuseppe Consolo: “Aumenta la credibilità di Igor Marini, è innegabilmente più credibile di ieri”. Orbene. L’11 novembre scorso "Pico Della Mirandola" è stato condannato a dieci anni di reclusione (il pm ne aveva chiesti 12), per calunnia aggravata e continuata. Bonini e D’Avanzo, come fanno tutti i giornalisti che amano il loro lavoro e vanno fino in fondo alle notizie, avevano nel frattempo provveduto a smascherare il complotto che si celava dietro le dichiarazioni di Marini, un immenso trappolone teso al governo di centrosinistra del quale ancora oggi, però, non si conosce il “mandante” (sic!). Ecco cos’è stato, e cos’è il regime berlusconiano, un perfetto nulla basato sulla distruzione sistematica, a mezzo media, dei nemici politici. E invece di ammettere di essere un cazzone avariato (indovinello cinematografico), Silvio pretende ancora di dettare le agende politiche a chicchessia, con buona pace di Prodi, Fassino, Dini, Fini, Boffo, Bocchino, Marrazzo, la signora Marcegaglia e altrettanta degna compagnia. Attento Professore, alla fine si scoprirà che anche lei ha un’amante. Suora.
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