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“Rapidità” in pillole, o dalle “Lezioni americane” di Italo Calvino (2)

Creato il 26 gennaio 2013 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

Francesco_Petrarca00di Ivana Vaccaroni. Questo nuovo appuntamento con Calvino mi porta ad analizzare la seconda delle sue “Lezioni americane”, quella dedicata alla Rapidità.

Lo scrittore inizia questo nuovo percorso raccontando una leggenda che ha per protagonista Carlo Magno ed è stata riportata dallo scrittore romantico francese Barbey d’Aurevilly. In questa vicenda c’è una catena di avvenimenti che hanno tra loro un legame verbale, costituito dalla parola «amore» o «passione», e un legame narrativo, l’anello magico, che stabilisce tra i vari episodi un rapporto logico di causa ed effetto. Carlo Magno s’innamora di tutte le persone o anche delle cose attraverso le quali l’anello passa di mano: la rapidità è simboleggiata dalla corsa del desiderio verso un oggetto inesistente, un’assenza, una mancanza, ed è data più dal ritmo del racconto che dai fatti narrati.

Questa leggenda viene richiamata nella letteratura italiana dal Petrarca nelle “Lettere familiari” in cui afferma di conoscere la favoletta ma di non credere ai fatti narrati (fabella non inamena). Ci sono poi versioni medievali, del Rinascimento, ma appaiono prive del concetto che si vuole sviluppare e cioè la Rapidità.Con questo Calvino non vuole affermare che la rapidità sia un valore assoluto: il tempo può essere ritardante, o ciclico, o immobile ma il racconto agisce sulla durata, sullo scorrere del tempo, contraendolo o dilatandolo. Nella narrativa infatti c’è incommensurabilità rispetto al tempo reale, come c’è dilatazione del tempo per proliferazione interna di una storia nell’altra: come esempio troviamo la novellistica orientale(Sherazade) dove una storia racconta una storia che racconta una storia etc…

Ci sono altri esempi dove la velocità è alla base dei racconti: in Boccaccio, nella novella VI,I si parla di un cavallo e si lo si cita come emblema della rapidità anche mentale, sia come mezzo di trasporto sia come prontezza e agilità dell’espressione e del pensiero. Il primo ad usare il cavallo come metafora della velocità della mente si può ritenere comunque Galileo Galilei il quale, nel Saggiatore, in polemica con il suo avversario che si serve di molte citazioni a sostegno della propria tesi afferma «Se il discorrere circa un problema difficile fosse come il portar pesi, dove molti cavalli porteranno più sacca di grano che un caval solo, io acconsentirei che i molti discorsi facessero più che un solo; ma il discorrere è come il correre, e non come il portare, ed un caval barbero solo correrà più che cento frisoni» (45).

Discorrere qui significa ragionare, usare cioè il metodo deduttivo. Galileo lo usa come programma stilistico, stile come metodo di pensiero e come gusto letterario: la rapidità, l’agilità del ragionamento, l’economia degli argomenti, ma anche la fantasia degli esempi sono per lo scienziato qualità decisive del pensar bene.

Nel «Dialogo dei massimi sistemi» la velocità del pensiero è impersonata da Sagredo, che interviene tra il tolemaico Simplicio e il copernicano Salviati: costoro rappresentano  due diverse sfaccettature del carattere di Galilei: l’uno incarna il «velocissimo discorso» mentre l’altro è il ragionatore rigoroso, che procede lentamente e con prudenza. Il ragionamento istantaneo, senza passaggi è definito da Salviati quello della mente di Dio, infinitamente superiore a quella umana, che non va considerata “nulla” ma, in quanto creata da Dio, procede e compie cose meravigliose.

Ciò che l’autore desidera ulteriormente raccomandare come valore al prossimo millennio è dunque la funzione della letteratura quale «comunicazione tra  ciò che è diverso in quanto è diverso» a differenza degli altri mezzi di comunicazione, velocissimi ma proprio per questo meno incisivi e pregnanti. La velocità mentale non ha misura né si sottopone a gare, anche se non è necessariamente migliore.

Rapidità però può associarsi anche al suo valore contrario, quello dell’indugio: se la rapidità del pensiero può significare agilità, sveltezza, varietà, ciò può anche condurci a “ perdere il filo” del discorso e quindi a divagare, rivelandosi ciò un pregio, un modo per rinviare la conclusione dello scritto, come fa Carlo Levi imitando Laurence Sterne. Egli scrive infatti «Se  la linea retta è la più breve fra due punti fatali e inevitabili, le digressioni la allungheranno: e se queste digressioni diventeranno così complesse, aggrovigliate, tortuose, così rapide da far perdere la proprie tracce, chissà che la morte non ci trovi più, che il tempo si smarrisca, e che possiamo restare celati nei mutevoli nascondigli».

Festina lente: questo è quindi il motto latino che  Calvino persegue… affrettati lentamente… puntando sul’immagine e sul movimento che da essa scaturisce.

Scrivere in prosa o in poesia non dovrebbe fare differenza: la sua opera risulta pertanto composta da short stories come Le Cosmicomiche o Ti con zero; nelle Città invisibili e in Palomar è ancora più sintetico ed essenziale. L’esempio migliore e più efficace si può definire Leopardi con le sue Operette morali: massima concentrazione di significato in pochissime pagine.

E che dire di Jorge Luis Borges, inventore di se stesso e della scrittura breve, che finse di recensire un libro scritto da un altro ma di cui era in realtà l’autore? Egli riesce a raddoppiare e moltiplicare il proprio spazio attraverso libri di un’immaginaria  biblioteca, costruendo una «letteratura potenziale».

La conclusione di questa conferenza vede offrire da parte di Calvino un tributo speciale a Mercurio quale dio della comunicazione e delle mediazioni, rappresentato con le ali ai piedi, leggero e aereo, simbolo inequivocabile della leggerezza e insieme della rapidità, accostato a Vulcano e all’andatura discontinua del suo passo claudicante: la loro complementarità ci porta a considerarli quali esempi diversi di tempo nei confronti del lavoro dello scrittore: quest’ultimo necessita però di entrambi per potersi estraniare dalla contingenza dei fatti e delle situazioni.

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 Featured image Francesco Petrarca.

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