Pubblichiamo, di seguito, un Rapporto al Doge di Venezia, scritto da un suo inviato in Sicilia nei primi anni Settanta del ’500. E’ un testo utile a capire la Sicilia di quegli anni. Una terra al centro del Mediterraneo, fortemente interessata dai piani strategici militari degli Spagnoli e degli Inglesi. La trascrizione della copia del documento originale, che si trova, appunto, negli archivi britannici, è stata effettuata da Giovanna Vitale della quale pubblichiamo sia la seguente introduzione al testo sia anche la non facile opera di riscontro testuale effettuato.
Giovanna Vitale
In questa relazione, Ragazzoni su incarico del doge di Venezia, preoccupato che la fervente lotta cristiana contro i musulmani possa danneggiare le ricche casse della Serenissima, dà notizie di carattere geografico, economico e culturale sulla Sicilia.L’isola siciliana viene descritta come la più fertile del Mediterraneo, con sei grandi e funzionanti porti, quali Messina, Augusta, Siracusa, Marsala, Trapani e Palermo.
Le città più importanti sono considerate Messina e Palermo. La prima adduce per sua raggione i provileggii che si furono concessi dal Senato Romano. Imperochè essendosi i mesinesi portati per romani molto fidelmente et valorosamente nella prima guerra contra cartaginesi, et in un altra detta la Servile, furono dal detto Senato Romano honorati di un privilleggio che dechiarò la città di Messina nobile et capo del regno. Palermo per grandezza di città, per numero di populo che fà intorno 100 mila anime per richezza et per nobiltà, habitando in essa quasi tutti li signori del regno, et per la continua quasi residenza della Reggia Corte in lei, et per traffico et negocio è la principal che sia in detto regno.
Dalle parole di Ragazzoni ci appare una Sicilia ricca, autosufficiente nei beni di prima necessità, abbondante di grano di modo che ne possano usufruire gli abitanti e possa essere esportato anche a Malta, a Valenza, a Lucca, a Genova e a Venezia. Essa è copiosa anche di vino, tonno, sarde, sale diretto anche in Lombardia, formaggi, corallo, zucchero, panni di lana grezza ad uso dei contadini, panni di seta prodotti a Messina per i più abbienti.
Ragazzoni tratteggia un siciliano feroce, d’ingegno acuto, rissoso, che malvolentieri va alla guerra e lascia la sua terra, il che procede della fertilità del paese dove stanno molto commodi et agiati. Egli quasi si stupisce nel constatare che nonostante le diverse dominazioni, la lingua parlata sia quella italiana, così come italiani sono le abitudini civili e il vestiario.
Nella sfera giudiziaria valgono le leggi imperiali. Lo straniero che sposa una donna siciliana assume la cittadinanza del regno potendo usufruire di ogni dignità, carica e beneficio.
In base alla descrizione delle anime del regno di Sicilia, ordinata dal viceré nell’anno 1570, risultano esserci 198.525 uomini dai diciotto ai cinquantanni, 274.802 uomini di altra età e 462.970 donne di ogni età.
Sono annoverati centottantacinque città e terre della Sicilia, comprendendo casali e ville. Il re ne possiede quarantatré, il clero dodici, i principi, i duchi, i baroni, i marchesi e i conti che costituiscono il braccio militare, centotrentuno. Vi sono tre arcivescovati, cioè Palermo, Messina e Monreale, sei vescovati, ovvero, Siracusa, Agrigento, Patti, Cefalù, Mazara, quarantacinque badie e sette priorati.
Vi sono quattro principati, cioè Butera, Castelevetrano, Pietraparzia e Paternò, due ducati, ovvero, Terranova e Bivona, nove marchesati, vale a dire, Geraci, Licodia, Giuliana, Avola, Favara, Militello, Marineo, Francoforte, Giarratana, diciotto contadi e cinquantasei baronie.
Il cosiddetto braccio militare ha l’obbligo di servire il re in caso di guerra offrendo in tutto millesettecentosei cavalli armati alla leggiera in tutto, cadauno quella summa che gli tocca secondo la forma di suoi privilleggii à spese loro et altro carrico non hanno.
I siciliani godono di diverse esenzioni e privilegi, quindi, sono obbligati a pagare un donativo ordinario pari a venticinquemila ducati l’anno per la spesa della persona et Corte del Rè, diversi donativi straordinari che vengono presentati al Parlamento siciliano dal viceré, in nome del re, per essere discussi e approvati.
I donativi straordinari riguardano le galere della guardia del ré, la macina della farina, la merce et sede nella dogana di Messina, le fabbriche delle fortezze del regno e la fabbrica dei porti.
Dalle entrate del re, alle quali si aggiunge quello che si pagha al rè per l’allienatione di stati, baronie et feudi nobili et civili, occorre sottrarre le spese sostenute per i salari del viceré e dei ministri del regno, quelle per le assegnazioni perpetue, quelle per le elemosine perpetue e per il salario del capitano generale delle galere del regno, don Francesco di Cardona.
Il denaro ricavato dalle diverse entrate serve per la difesa della Sicilia, per gli stipendi dei castellani, per la costruzione di galere, delle fortezze e delle barche, per le spese dei corrieri, e naturalmente per il vitto dell’Armata spagnola, la quale insieme ad uno sparuto numero di soldati locali, è deputata alla sicurezza dell’isola.
Per leggere la trascrizione del testo clicca qui: Ragazzoni al Doge di Venezia
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