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Rapporto di minoranza e altri racconti di Philip K. Dick #distopia

Da Queenseptienna @queenseptienna

[Recensione] Rapporto di minoranza e altri racconti di Philip K. Dick #distopia

Titolo: Rapporto di minoranza e altri racconti
 

Autore: Philip K. Dick

Editore: Fanucci

Anno: 2004

Curato da: Pagetti C.

Traduttore: Prezzavento P.

                                                                VOTO      

[Recensione] Rapporto di minoranza e altri racconti di Philip K. Dick #distopia

Cinque racconti scritti tra gli anni ’50 e ’60, geniale prodotto della mente di uno scrittore che ha osato immaginare un futuro del genere umano inquietante e credibile, storie che ispirano interessanti trasposizioni cinematografiche nelle quali hanno preso corpo le immagini di una fantascienza visionaria e distopica. Una singolare intervista all’autore nelle ultime pagine fa da corollario alla raccolta.

In un momento storico intriso di tensione sociale e politica, la mente di Philip Dick si insinua nell’immaginario collettivo e al tempo stesso guarda oltre, lasciando la penna libera di trasformare i suoi pensieri in storie dense, animate da elementi originali. E così, la memoria viene falsificata come il futuro può essere controllato; l’uomo confonde i propri simili con esseri artificiali ai quali lui stesso ha contribuito a dar vita, creature capaci di scegliere la propria strada, emancipate da ogni dominio, tuttavia inconsapevoli dei limiti che una natura troppo simile a quella umana può generare, ostacolando di fatto un’evoluzione diversa da quella già intrapresa da altri.

Figure controverse, i suoi personaggi restano spesso sospesi tra livelli di realtà che si fondono tra loro, relegando la coscienza di sé in un limbo profondo e trasmettendo abilmente al lettore un’impalpabile dubbio circa il significato stesso di verità.

Il mondo diviene teatro di cupe dinamiche sociali nelle quali prendono amaramente il sopravvento forme estreme di desolazione interiore mentre il confine tra l’umano e l’artificiale perde brutalmente consistenza.

Il concetto di collettività viene portato al parossismo fino a non contemplare più l’importanza del singolo essere. Uno scenario che non può non far riflettere sulla preoccupante vicinanza con gli ancestrali e ben radicati timori sul futuro del nostro popolo. Una società dannatamente plausibile quella di Philip Dick, uno specchio impietoso nel quale scrutare un possibile e poco auspicabile scenario evolutivo.

Agli occhi dei posteri, la sua narrazione lascia ancora spazio allo stupore e le sue idee, in attesa di un avverabile compimento, restano pazientemente immobili e incombenti in una dimensione senza tempo.


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