Rassegna stampa dedicata al debutto di Centocinquanta, condotto da Pippo Baudo e Bruno Vespa su Raiuno. Il classico varietà nello stile baudiano (ricorda infatti il programma “Mille lire al mese”, andato in onda negli anni ’90 sempre sulla rete ammiraglia Rai, con l’affiatata coppia Baudo – Magalli) per ripercorrere i 150 anni dell’Unità d’Italia. Madrina della prima serata la sempreverde Sophia Loren.
Tra Baudo e Vespa meglio Napolitano
(A fil di rete di Aldo Grasso – Corriere della Sera) Forse meritavamo qualcosa di meglio per festeggiare per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Qualcosa di meglio di Centocinquanta (Raiuno, mercoledì, ore 21.10), programma in sei puntate condotto da Pippo Baudo e Bruno Vespa, che avevano idealmente il compito di alternare due registri: l’intrattenimento affidato a Baudo e la ricostruzione delle vicende storiche a Bruno Vespa. In realtà, i due si rubavano continuamente la parola, si sovrapponevano, si correggevano a vicenda. L’impressione è che l’evento fosse indubbiamente più nelle corde di Baudo, un maestro per programmi del genere. Ai numeri in studio, in cui le vicende dell’Italia unita erano rappresentate con scene cantate e ballate in perfetto stile Paolo Limiti, si alternavano i collegamenti in diretta con le piazze delle «tre capitali», Roma, Torino e Firenze, affidati alla «prima linea» di Raiuno (per capirci, Fabrizio Frizzi, Veronica Maya e Miriam Leone).
Il momento migliore della serata è stato indubbiamente quello meno «spettacolare», cioè il discorso di Napolitano dalla piazza del Quirinale, con il suo monito che era al contempo un incoraggiamento: «Ne abbiamo passate tante, passeremo anche quelle che abbiamo di fronte», e che ha riempito la retorica celebrativa di un senso di partecipazione e vero attaccamento alla nazione. Ma se poi organizzi al Vittoriano un grande spettacolo celebrativo degli ideali della patria e lo fai condurre a Manuela Arcuri, ancora fresca degli esilaranti spot promozionali al libro di Marra, c’è qualcosa che non torna.
Per sfruttare l’onda lunga del successo di Sanremo, si sono esibiti Gianni Morandi, Roberto Vecchioni, Massimo Ranieri, Davide Van De Sfroos e Luca Barbarossa. E poi l’immancabile intervista a Sophia Loren. Un evento storico di tale importanza non era degno di uno sforzo creativo che sapesse coinvolgere anche un pubblico più giovane, meno «televisivo»?
Baudo & Vespa, parlarsi addosso
(Cose di tele di Alessandra Comazzi – La Stampa) In tv si parlano addosso: i principianti i quali non sanno che uno deve cominciare a parlare quando finisce l’altro, sennò non si capisce niente; coloro che si danno sulla voce perché vogliono proprio che non si capisca niente; Pippobaudo & Brunovespa, due primedonne che fremevano, l’altra sera, dalla voglia di annunciare, presentare, chiamare a raccolta l’Italia e, potendo, rifare gli italiani. Certo che erano solidi, in mezzo al palcoscenico, due signori adusi al mezzo. Ma il continuo chiacchierare sovrapposto, forse inconscio, pareva comunque un simbolo di rivalità. Quando hanno aperto la seratona di Raiuno dedicata ai 150 anni (la prima, e più composita, di una serie, 5 milioni 401 mila spettatori) con maestosto spiegamento di mezzi, carovane e fanfare e ospiti e baracconate e discontinuità, con loro c’era Sophia Loren, il botulino non risparmia nessuno. Con tutta la buona volontà era impossibile non notare l’età complessiva, ma poi da Torino Miriam Leone e da Firenze Veronica Maya alzavano la media anagrafica. E soprattutto l’alzava quel giovanotto del presidente della Repubblica: dalla piazza del Quirinale, al cospetto di Frizzi, parlava con un ritmo, una scioltezza e una facondia da far invidia persino a Giuliano Ferrara che poco prima aveva lanciato da par suo uno spottone pazzesco al presidente del Consiglio.
Pippo&Bruno e l’Italia ferma agli anni ’50
(La Teledipendente di Stefania Carini – Europa) Momento sensato Per fortuna che c’era Napolitano. Con la giusta dose retorica, il suo discorso è stato il solo momento sensato della lunga diretta di Raiuno. Perché Pippo&Bruno hanno sì dato un perfetto ritratto dell’Italia, imbarazzante però. Di sicuro è un paese vietato a minori di 50 anni, data l’età media degli ospiti presenti. E dato il genere di spettacolo messo in scena: puro mortifero varietà per target anziano di Raiuno. La ricostruzione degli eventi è approssimativa, e si ferma al secondo dopoguerra. E il resto? Sarà per le prossime puntate? Sicuramente. Eppure pare la spia di ben altro. Forse per il servizio pubblico l’Italia è ancora ferma lì. Pareva così più la festa dell’immobilismo e del repertorio ammuffito. Ed ecco quindi l’intervista al monumento vivente di quell’Italia anni ’50-60, la Loren. Seduta su un trono principesco, è omaggiata mostrando la sua foto a zinne al vento di quanto era ragazza.
Il peggio doveva arrivare Il peggio (possibile?) doveva però ancora arrivare. Verso mezzanotte, viene lanciato il collegamento con l’Altare della Patria, e c’è Manuela Arcuri. Si vede che dopo gli avvincenti spot al libro di Marra, può condurre questa importante serata. Momento istituzionale: l’Arcuri chiama sul palco La Russa, ingrugnito perché la piazza lo fischia. Momento istituzionale 2: l’Arcuri chiama sul palco Alemanno, pure fischiato, che riesce solo a dire «Andiamo tutti al Colosseo dove ci stanno i fuochi» per poi fuggire a gambe levate mentre la tapina lo richiama, voleva fargli una domanda…Poi per fortuna ci si è collegati a Torino, entusiasta e spettacolare.
Il compitino Mediaset? Non pervenuta, a parte un servizio della Iene sull’ignoranza dei politici in merito al 17 marzo, qua e là i contenitori mattutini e pomeridiani di giovedì, una puntata speciale di Matrix. Si vede che alle reti del nostro primo ministro («un uomo privato che non ha chiesto di fare il presidente del consiglio», così Ferrara a Qui Radio Londra) non interessa molto l’argomento. Su La7 il film Camicie Rosse di Alessandrini e Atlantide su Cavour. History ha rimandato in onda per tutto marzo alcuni documentari sull’Italia. SkyUno ha invece coinvolto il “popolo”, chiamato a mandare un breve video per raccontare com’è oggi il nostro paese e cosa significa «essere italiani ». Un modo più creativo (e e a basso costo) per festeggiare il paese. Ed eccola l’Italia, vista con uno sguardo contemporaneo tanto nei contenuti quanto nelle modalità linguistiche. Più che un evento mediale, questo 17 marzo è stato però un compitino. Quasi tutte le emittenti si sono trovate spiazzate dopo la proclamazione, tardiva, della festività. Il lavoro maggiore è stato fatto da Rai Storia. Poche altre reti sono sembrate pronte all’evento, chissà se novità arriveranno dai prossimi mesi. Sperando appunto che i mesi futuri ci regalino un’Italia migliore, anche a livello di celebrazioni tv.