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Rassegna stampa: Tutto può succedere

Creato il 30 dicembre 2015 da Iltelevisionario

Domenica 27 dicembre è partita su Rai1 la serie Tutto può succedere, primo remake di una serie americana. E' infatti l'adattamento italiano della serie Parenthood, andata in onda con grande successo sulla NBC per circa cinque anni. La serie italiana racconta le avventure e disavventure dell'allegra e caotica famiglia Ferraro. Il cast della serie è composto da Pietro Sermonti (Alessandro Ferraro), Maya Sansa (Sara Ferraro), Ana Caterina Morariu (Giulia Ferraro), Alessandro Tiberi (Carlo Ferraro), Licia Maglietta (Emma Ferraro) e Giorgio Colangeli (Ettore Ferraro), Camilla Filippi (Cristina, la moglie di Alessandro), Fabio Ghidoni (Luca, il marito di Giulia) e Esther Elisha (Feven, la compagna di Carlo). La serie, una coproduzione Rai Fiction - Cattleya, per la regia di Lucio Pellegrini, è composta da 13 appuntamenti (26 episodi da 50 minuti). Il brano della sigla è interpretato dai Negramaro, che lo hanno scritto insieme al compositore Paolo Buonvino.

I primi due appuntamenti non hanno sfondato dal punto di vista degli ascolti. Infatti la prima puntata, in onda domenica 27 dicembre, è stata seguita da 3 milioni 704 mila spettatori (14.99% di share) mentre la seconda, trasmessa martedì 29, ha ottenuto 3 milioni 788 mila spettatori (15.81%).

La critica ha comunque apprezzato la serie, in primis Aldo Grasso che ha promosso Tutto può succedere, come scrive nella sua rubrica A fil di rete sul Corriere della Sera:

Ogni tentativo di sperimentazione e innovazione nel panorama della fiction italiana va salutato con favore e osservato con attenzione: dopo anni di immobilisimo e appiattimento sull'agiografia, il fatto che anche le produzioni del servizio pubblico provino a ispirarsi ai modelli più raffinati e complessi in circolazione, cioè quelli americani, è senz'altro un buon segnale. E' il caso di Tutto può succedere. La fiction è una sorta di remake italiano di un intenso telefilm Usa, Parenthood, un racconto profondo ed emotivo sui ruoli di genitori e figli nelle diverse fasi della vita, seguendo diverse generazioni (tra i protagonisti principali c'erano Peter Krause e Lauren Graham). Misurarsi con un modello del genere non era facile: la serie originale è un piccolo gioiello, sia dal punto di vista del tono con cui racconta le vicende della famiglia Braverman (i piccoli e grandi dilemmi sono affrontati con il sapere delle favole e non con le prediche degli psicologi), sia dal punto di vista dello stile, con dialoghi disordinati e sovrapposti per catturare la spontaneità del parlato, con uso creativo e raffinato della musica. L'adattamento italiano, che nelle prime due puntate è sembrato molto aderente a situazioni e dialoghi, è una produzione molto accurata, si vede che Cattleya ha investito nel progetto, con un cast "cinematografico" a comporre la famiglia Ferraro, uno stile visivo sopra la media, delle partecipazioni musicali interessanti, da Raphael Gualazzi ai Negramaro. Vista senza considerare il modello originale, Tutto può succedere è senz'altro una fiction sopra gli standard medi italiani. Certo, il confronto con la versione Usa pesa, soprattutto dal punto di vista della recitazione.

Per la giornalista de Il Messaggero, Micaela Urbano, l'adattamento è riuscito bene, addirittura meglio dell'originale. Tuttavia la serie è partita in sordina:

Come tutti i prodotti di qualità, Tutto può succedere è stato snobbato dal pubblico della prima rete che, probabilmente abituato a lavori più semplici, non è entrato nella storia. Forse anche perchè le reti generaliste attirano gli spettatori meno giovani che si sono lasciati ipnotizzare ancora una volta dall'inutile Segreto su Canale 5. Un vero peccato. Perchè in Tutto può succedere c'è l'ordinaria e la straordinaria quotidianità. C'è la storia di una famiglia in cui genitori, figli, fratelli e sorelle, diversissimi tra loro, sono legati dall'invisibile filo della complicità. [...] Tutto può succedere è un lavoro di qualità. Soprattutto intelligente. Che riesce a smuovere emozioni e riflessioni. Non annoiando, neppure per un attimo. Anche grazie a un cast d'eccezione.

Anche per il critico di Repubblica, Antonio Dipollina, la serie potrebbe funzionare:

Mossa estrema quella di dire alla fiction americana qualcosa del tipo: prendeteci per mano e portateci altrove. E così RaiUno prova a lanciare Tutto può succedere, maxi comedy-drama che è la versione italiana di Parenthood, serie Usa di rilievo e molto poco vista da noi. Meglio trasporla nelle vicende della famiglia romana quasi patriarcale piena di figli irrisolti o compiuti in modo strano, tra drammi veri e leggerezze. Una formula che usano tutti, conta quello che ci metti dentro. E per una volta non ci sono drammi nascosti e segreti: succedono invece cose in continuazione, con Pietro Sermonti al centro, quello dell'età di mezzo che si addossa i mali del mondo ma ne è l'unica soluzione. Nelle scene che danno al grottesco lui e Alessandro Tiberti richiamano Boris, nei tramagli pensosi Maya Sansa e Licia Maglietta arrivano da In Treatment. Un nucleo italiano dotato di consistenza. Potrebbe funzionare, chissà.


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