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Mesi passati a dire che servono le liberalizzazioni, settimane a credere che aumentando qualche licenza dei taxi o estendendo la vendita dei medicinali di fascia C alle parafarmacie avremmo risollevato le sorti del Paese. Poi è bastato un articolo di Antonio Polito qualche giorno fa sul Corriere della Sera per comprendere che altre misure sarebbero persino più auspicabili. Tipo la separazione proprietaria tra Eni e Snam rete gas, perché va bene ritoccare certi privilegi e altrettanti corporativismi, ma forse sarebbe alquanto opportuno riequilibrare soprattutto le bollette, dato che in Italia paghiamo fino al 50% in più rispetto agli amici britannici. Il problema è che soffriamo l'urgenza di interventi in vari settori e ambiti su cui abbiamo tergiversato troppo a lungo (e così si incazzano in molti). La crisi del debito è una crisi sistemica. In Italia, nel dettaglio, è strutturale. Abbiamo un mercato del lavoro ingessato e secondo la Cgia di Mestre - che non è l'oracolo di Delfi, per carità - la disoccupazione reale si attesta oltre il dieci per cento. Io non mi starei troppo a preoccupare della smania di declassamenti a geometria variabile di Standard & Poor's, insomma.