Sicuramente, molti di voi conoscono l’aneddoto di Sant’Agostino e del bambino sulla spiaggia. Il non ancora vescovo e tanto meno santo, si presume ancora in Carthago e incartato nel suo manicheismo, di buon mattino passeggiava in riva al mare. D’un tratto scorse sul bagnasciuga un bimbetto che, dopo aver scavato una buca, vi stava riversando l’acqua che raccoglieva con una conchiglia. Il ficcanaso d’Ippona non potè esimersi dal domandargliene cagione. Al che il bimbetto gli rispose che stava travasando il mare in quella buca. Bonariamente canzonatorio, l’Agostino fece presente al bimbo che la cosa non s’aveva da fare, che l’acqua del mare era tanta e la buca piccina, ma il piccolo seguitava imperterrito. Non appena il patristico si volse, riprendendo il suo metafisico onanismo, il bimbetto gli disse impertinente:
-Hai ragione Agostino, ma come puoi tu pensare di comprendere Dio, che è infinito, con la tua misera testa?
Questa menata parabolica e catechetica tanto per dire che, come non si può svuotare il mare con una conchiglia o comprendere Dio con il nostro imperfetto cervellino (sempre che si parta dal presupposto della fede, che altrimenti non s’ha affatto l’ubbìa di comprendere Dio), così non si può racchiudere Frank Zappa in un libro, figurarsi in un articolo. Le cose scritte sarebbero sempre infinitesimali in riguardo a tutto ciò che si dovrebbe scrivere. E allora, come si può dire qualcosa d’esaustivo in poche righe su uno che, lui si, riusciva a contenere tutta la musica del mondo nei tre minuti di una banalissima canzone? Ecco, ho scritto qualcosa d’esaustivo su Frank Zappa: tutta la musica del mondo contenuta nei tre minuti di una banalissima canzone. E “tutta la musica del mondo” non è affermazione iperbolica dettata da puerile entusiasmo: al limite, è eufemistica riduzione di un’indicibile universalità a schematico codice comunicativo! Dal Gregoriano alla serialità, dal melodramma all’avanspettacolo, dall’afroamericano al raga indiano e al gamelan balinese, non v’è forma musicale (e teatrale) che Zappa non abbia esplorato, parodiato, decontestualizzato, destrutturato e infine vestito dell’apparenza di una banalissima e stupidotta forma canzone.
Ed ecco, dal titolo stesso emergere un’altra sintesi: la parodia (rats/topi per hats/cappelli) e la citazione (Hot rats, 1969) nella dissacrante celebrazione di un’inafferrabile genialità creativa. Perchè anche la parola vuole la sua parte nell’universo zappiano, infinito – direbbe Einstein – ma non quanto la stupidità umana. Ma la parola zappiana si prende la rivincita sulla stupidità umana: nascosta ogni pretesa di messaggio salvifico dietro il calembour, il nonsense, il surreale, eccola rovesciare la tirannia della stupidità, inscatolandola in uomini muffin, lolite cattoliche, divieti di mangiare la neve gialla. Così inscatolata, la betise, con tutta la sua struggle for idiocy, è pronta per essere spedita in qualche buco nero dello spazio. Nell’universo zappiano (ahimé, solo lì) si realizza una trasvalutazione di tutti i valori: l’uomo massa denudato, isolato, deriso, umiliato dall’intelligenza superiore.
Aggiungere altro? Sarebbe doveroso, ma l’altro chiamerebbe altro altro e altro altro ancora: non la si finirebbe più. Piuttosto, se mai vi pungesse vaghezza di saperne di più su Frank Zappa, sempre che non ne siate già edotti, ecco un Don Chisciotte che prima e meglio di me s’è cimentato nell’impari disfida contro i mulini a vento dell’inafferabile Frank:
Frank Zappa – biografia, recensioni, discografia, foto :: OndaRock
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