Vengono da Correggio, ma mi raccomando non nominategli Ligabue.
Sono in tre, Capra, Peter e Sollo, e suonano insieme da circa dieci anni con il nome di Gazebo Penguins.
Dopo un primo album in inglese, The name is not the named, datato 2009, nel 2011 pubblicano, con To Lose La Track, LEGNA. Il disco riscuote successo e porta i tre ragazzi emiliani sulle pagine di diverse riviste musicali, ma soprattutto in tour per ben 70 date.
Il 23 aprile 2013, invece, è uscito RAUDO, album composto da dieci tracce che, fedele al titolo, esplode nelle orecchie e nel cuore già al primo ascolto. E questo non solo grazie a chitarre potenti. Il merito della perfetta riuscita di questo disco, infatti, va anche ai testi che con la loro forza e allo stesso tempo la loro malinconia arrivano dritti a destinazione.
Man mano che le canzoni scorrono i Gazebo si raccontano e tu non solo riesci a comprenderli meglio, ma ti senti anche empaticamente coinvolto perché sono cose successe (o che stanno succedendo) anche a te.
Per saperne di più su RAUDO e sulla vera essenza dei Gazebo Penguins abbiamo fatto qualche domanda a Capra, chitarra e voce del gruppo.
I testi di RAUDO descrivono molto bene la situazione che molti giovani italiani stanno vivendo: tornare a vivere con i propri genitori (Son tornato dai miei fa molto male. Son tornato dai miei per farmi ospitare) o la difficoltà di riuscire ad arrivare a fine mese (Se mi passi il termine siamo delle “generazioni” con del tempo da perdere e zero soldi da spendere). Voi vi sentite un po’ stagisti della musica?
Beh, la musica è uno stage continuo (potrebbe anche essere un doppio senso).
Nel senso che è un’apoteosi del precariato: vai a suonare, ti pagano perché magari gli interessa quello che fai o porti gente, poi non sai neanche tu come e quando e qualcosa è già passato, e tutto viene chiuso in un cassetto. Siamo stagisti in questo senso, come tanti altri, ma poter dire di aver fatto un anno e mezzo di tour con 70 date ti fa risollevare un po’ il mento.
In Domani è gennaio parlate dell’atto, piuttosto routinario e comune a molti, di annotare compleanni e scadenze sul proprio calendario. Ma quali appunti ci sono sul calendario dei Gazebo Penguins?
Sul mio calendario ci sono buona parte delle cose scritte nella canzone: scadenze, quanta legna è stata comprata in inverno, i compleanni, le storie dell’auto. Il calendario di Sollo invece ha più o meno solo dei nomi dei gruppi con delle parentesi graffe che prendono i giorni in cui il tal gruppo sarà nel suo studio, l’Igloo Audio Factory, a registrare. Peter sicuramente usa solo google calendar, ergo non so cosa ci scrive.
Quindici anni fa, a quindici anni, quali erano i vostri sogni?
A 15 anni il mio più grande sogno era avere lo scooter più veloce di Correggio. Ma non lo raggiunsi mai perché non avevo i soldi per il cilindro o il carburatore, e ci mettevo solo le robe smarze che costavano meno, tipo le massette e altre parti di cui non ricordo il nome. Poi me l’hanno ritirato, e quello che è venuto dopo era così brutto che mi è mancata proprio la forza di truccare il motorino per sempre.
Quanto influisce sulla vostra musica essere cresciuti in un paesino piuttosto piccolo della pianura Padana? Pensate che i vostri testi e la vostra musica sarebbero diversi se foste nati altrove?
Non credo che la musica sia influenzata dal tuo paese, specialmente oggi che dal posto più inculato al mondo (tipo da dove sto scrivendo in questo momento) posso scegliere di ascoltare tutto il mondo. Però magari nei testi sì. Che poi in realtà a parte il pezzo di RAUDO che si chiama Correggio non credo ci sia questo gran provincialismo o questa grande aria di campagna. O forse non li vedo io perché – appunto – ci sono nato. O perché sono miope. Quest’ultima voleva essere una battuta, chiedo venia.
L’album si chiama RAUDO ed effettivamente le canzoni scoppiano nel cuore immediatamente. Ma come mai avete scelto proprio questo titolo? Le canzoni vi sono esplose tra le mani?
Posso dirti la versione sincera e la versione fake. La prima è che il titolo in realtà ce l’avevamo in testa quando ancora eravamo in tour per LEGNA. Ci è rimasto attaccato per mesi e alla fine, dato che non ce ne schiodavamo più, l’abbiamo scelto. Però puoi anche metterci questa versione: mentre eravamo in sala prove a suonare i pezzi nuovi non ci veniva fuori niente di buono. Oramai erano passate settimane, e cominciavamo a sconsolarci. Quando ad un tratto abbiamo sentito un’esplosione fortissima poco fuori dalla porta. Siamo usciti e c’era come una nebbia spessa, ma senza l’odore di bruciato. In mezzo alla nebbia ci è apparsa l’immagine di un gufo con un raudo in bocca. Era un segno.
I primi concerti del vostro nuovo tour hanno registrato un’ottima affluenza. Come sarà l’estate dei Gazebo Penguins?
Sarà un’estate in cui suoneremo tutte le settimane. E speriamo che l’affluenza cresca man mano che cresce il caldo. Più caldo = più sudore. Più sudore = più comunità.
Ma il cassetto dal mobile dei sogni lo avete tolto perché non ce ne stavano più o perché questi sogni si stanno pian piano realizzando e non c’è più bisogno di tanto spazio?
Quando avevo 20 anni avevo il sogno di andare in giro a suonare per tutta l’Italia e trovare gente venuta apposta per sentire la musica della mia banda. E a 20 anni quel sogno non si è realizzato. Ora ne sono passati 10, e in tante occasioni si sta realizzando il sogno di quando avevo 20 anni. Ma ora ne ho 30, e anche i sogni sono cambiati. Se la vita fosse davvero così, che cioè i tuoi sogni si realizzano ma quando pare a loro, bisognerebbe fare un allenamento serio, che tenga conto di questa dilazione dei sogni, e imparare a desiderare con precisione quello che vorremmo si realizzasse tra 10 anni. E magari segnarcelo sul calendario.