Racconti di cavalieri, dame, re e battaglie hanno da sempre affascinato giovani e adulti di ogni epoca; romanzi come l‘Ivanhoe di Scott, l’Orlando Furioso di Ariosto e il Don Chisciotte della Mancia di Cervantes hanno portato i lettori a immaginare avventure fantastiche, imprese coraggiose e talvolta anche rovinose cadute. Sebbene la storia della letteratura ci possa presentare tantissimi esempi di narrativa cavalleresca, uno in particolare si può considerare il più famoso e forse anche il padre di tutti gli altri: il ciclo di racconti che ruota intorno al personaggio di Re Artù e del regno di Camelot.
Le vicessitudini sono note: il giovane Artù estrae Excalibur dalla roccia e fonda così il suo regno basato sulla giustizia e sull’onore, simboli materializzati sotto forma di una Tavola Rotonda attorno alla quale i cavalieri si riuniscono in consiglio. In epoca più moderna, sono usciti diversi film (ottimo l’Excalibur del 1981 di Boorman) e libri al riguardo, ma è interessante chiedersi quale sia l’origine di questo racconto, chi l’abbia redatto e quando, e soprattutto se sia una vicenda basata su una storia vera o no.
La prima attestazione scritta a noi pervenuta su questi fatti si ha con l’Historia Regum Britanniae di Geoffrey di Monmouth nel 1135, un trattato che narra la storia della Britannia dalle origini (i discendenti di Enea che giungono sull’isola) fino ad arrivare all’avvento degli Anglo-Sassoni; in quest’opera sono presenti diversi capitoli dedicati ad Artù e a Merlino, vi si trova già la Tavola Rotonda, chiaramente ispirata da Stonehenge, e le diverse vicende che porteranno alla morte del famoso eroe. Il motivo per cui possa esser stata commissionata un’opera che trattasse tali tematiche può essere ricercato nell’ascesa della dinastia dei Plantageneti in Inghilterra; essi infatti, ispirandosi al modello carolingio in Francia che vantava una vasta letteratura cavalleresca (i paladini di Carlo Magno), volevano legittimare la propria autorità tramite un racconto epico che giustificasse il loro potere politico. La mancanza di fonti che smentiscano o confermino questa supposizione non permette di indagare ulteriormente sulla questione. In verità, notizie di Artù e del figlio Mordred si hanno già nel IX secolo grazie al trattato di un certo Nennio, ma le informazioni sono troppo frammentate e brevi per uno studio approfondito.
Nel XII secolo, dopo il trattato di Geoffrey di Monmouth, avvenne una diffusione incredibilmente rapida delle vicende di Re Artù, tanto che i racconti al riguardo iniziarono a moltiplicarsi, anche grazie al fatto che il romanzo cavalleresco andava molto di moda in quel periodo. Si ha così il Corpus del Lancillotto-Graal, erroneamente attribuito per lungo a tempo a Gutierre Map, si può definire come il primo ciclo di veri e propri romanzi dedicati alla vicenda in questione e ha ispirato l’ancora più famosa opera La morte d’Arthur di Thomas Malory, forse il racconto più vicino a quelli che ci vengono presentati oggi nei film e nei libri.
Una volta analizzata l’origine della figura di Artù dal punto di vista letterario, il prossimo punto sarà capire l’origine storica del personaggio e delle vicende che gli ruotano intorno. Da dove arriva questo re perfetto, giusto ma misericordioso, valoroso ma onorevole? Il discorso diventa più complesso, perché le informazioni a riguardo non sono molto precise. In più, la questione è soggetta a un dibattito che dura ormai da molto tempo e che non è ancora arrivato a una conclusione, né mai ci arriverà probabilmente.
Vi sono diverse correnti di pensiero contrapposte che cercano di attribuire a un personaggio storico la figura di Re Artù. Alcuni studiosi ritengono che egli sia stato un condottiero romano, Lucio Artorio Casto, vissuto probabilmente nel II secolo d.C., che ha guidato un contingente di cavalieri sarmati (popolo stanziato nelle steppe dell’est Europa) in una campagna militare contro i Sassoni in Britannia. Si tratta di un’ipotesi piuttosto interessante che sembra essere la più vicina alla realtà: infatti, Artorio/Artù potrebbe esser stato ricordato per aver portato l’unità in una terra barbara e disseminata di tribù (il film King Arthur di Fuqua si basa su questa vicenda). Altre ipotesi lo identificano in un re del Galles o della Cornovaglia, luogo in cui sarebbe stata situata la città di Camelot, un re che ha condotto diverse guerre contro i popoli invasori e ha riunificato sotto un potere temporale forte le terre vicine alla sua. Questa ipotesi è ragguardevole, perché nel Galles era tipico l’uso del drago come stemma cavalleresco, figura che utilizzava anche l’Artù delle leggende; inoltre, il nome di Artù, in gaelico, vuol dire “orso” ed era usanza tipica dei Celti usare nomi di animali per le persone. Un’altra corrente di pensiero asserisce che egli sia addirittura un personaggio dell’Età del Bronzo e che l’estrarre la spada dalla roccia sia una metafora per indicare la tecnica di forgiatura delle spade che si usava all’epoca; sono anche state trovate diverse spade risalenti a quel periodo storico in fondo a laghi, forte richiamo al fatto che Excalibur nella leggenda si trova proprio in fondo ad un lago, protetta dal Re Pescatore. Altri ancora identificano Artù in un guerriero scoto che portò il proprio popolo in battaglia contro i Pitti nella regione dell’attuale Scozia.
In conclusione, ci sono diversi argomenti a favore di ciascuna di queste teorie, ma nessuna riesce ancora a prevalere sulle altre e il dubbio aleggia sulla questione. Come sempre accade nella storia, è probabile che la soluzione sia un mosaico composto da tasselli presi da ciascuna di queste ipotesi. Un elemento piuttosto certo è la mancanza della componente cristiana nell’origine di questa leggenda: nel Ciclo Arturiano vi sono moltissimi elementi tipici delle tradizioni pagane che sono state rivisti in chiave cristiana; è un fenomeno tipico del Cristianesimo quello di prendere usanze precedenti e di rielaborarle in maniera che sembrino invece cristiane per consentire una conversione più efficace e meno drastica alla nuova religione. Re Artù diventa così il paladino di una virtù sia cavalleresca sia religiosa, diventa un re che decide di mandare i suoi cavalieri migliori alla morte pur di trovare il Sacro Graal. Il mago Merlino, consigliere del re, alla fine sopravvive come l’ultimo membro di una casta druidica appartenente ad un’epoca ormai finita, epoca legata a tradizioni ora viste come eretiche e pericolose.
A cura di Tomass T. Vadi
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