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Re in eterno

Creato il 22 novembre 2010 da Iannozzigiuseppe @iannozzi

di Iannozzi Giuseppe

In coscienza

al mio cuoricino, Vany

E Tu ce l’hai la coscienza vergine?
Non mi costringere a portarti dal dottore
Sai bene che mani grandi che ha,
non ci va tenero con nessuno;
con me ci è andato giù duro,
sento ancora male al fondoschiena,
un dolore boia che è meglio non dire

Sei buona o come le altre bimbe
che hanno rovinato la mia vita fai finta
d’esser candida?
Il vicino di casa m’ha raccontato
che t’ha vista uscire con un tipaccio,
uno acqua e sapone e Cristo per cravatta
Non voglio credere che m’hai tradito
per vender Bibbie in brossura Porta a Porta,
per incontrare vespe e mosconi di fede

Se sei andata via una volta
è sicuro che lo rifarai
Ma la mia porta sarà sempre aperta
e la mia mano pronta alla carezza
Spero asciugherai almeno
le lacrime che nel mio volto sconvolto
si seppelliranno

Epitaffio per un Re

a Christian
che ha preso il mio posto!

Mio buon vecchio Paggio
ogni tuo ritratto è in mano
a qualche donzella
ch’era alla mia Corte
nemmeno un sole fa;
per quanto Re valgo ora meno
d’una penna di spogliata aguglia.

Del Re che in pubblico ti batteva
con cinghie e offese di pietra
è rimasto un fantoccio solamente
che l’epitaffio ha già scritto
per mano d’un buffone.
Sì presto il tempo riprende a sé
le glorie date; e il Fato oscuro
a maghi e streghe si dà via,
al miglior offerente mai,
ma per capriccio solamente
al pari d’una troia d’osteria
al primo venuto… sì vero
il dire di quello finito crocifisso ieri
che “gli ultimi saranno i primi”.
Averlo capito per tempo
m’avrebbe forse risparmiato l’onta
d’inchinarmi ora al tuo cospetto.

Gibboso e canuto depongo dunque
spada e usbergo pregando a mani giunte
che il capo mio, mio buon Paggio,
vorrai presto spiccar dal busto malato.

Testamento d’un Re

a Cinzia
che di me avrà cura
nel suo cimitero

A te che mi fosti amica
nella buona e nella cattiva sorte
medicando le ferite mie
ora con carezze ora con schiaffi,
racconterò per filo e per segno
le ultime mie volontà
affinché possa tu dare, se lo vorrai,
degna sepoltura al Re che fui.

Mia buona Strega – ma è un eufemismo -,
come ben sai non ho risparmiato mai
il filo della spada per aver la testa
di amici e nemici; in battaglia mai
ho mosso indietro il passo mio,
sempre alle mie spalle il sangue altrui
s’è fatto fiume, sempre le montagne
son franate ed i figli di Maometto
che il Nostro Signore avevan offeso
nuda carne per uccellacci son diventati
all’aria esposti senza né gloria
né preghiera alcuna.

Madre mia, Strega dalle mille sembianze,
la fortuna mia è volata e non so dir perché;
avrò forse urtato il favore di qualche dio,
o chissà, solamente so che il Graal
non dispensa più eternità; le labbra
che oggi lo toccano s’enfiano in un baleno
e lo sventurato muore cogl’occhi vuoti
rivolti a un cielo grigio di brume e nubi.

Nemmeno una mezza giornata di cammino
dal tuo uscio i can malfussi attendono
che gli sia di fronte; avran forse le spoglie
ma non l’alma mia, per quant’è vero Iddio.

Strega, vecchia amica mia, seppellisci
il corpo mio o il poco che ne resterà
nel profondo di quel maledetto cimitero
che abita proprio dietro l’uscio di casa tua.
Domani così risorgerò, terribile risorgerò;
immortali e infedeli tutti in ginocchio cadranno
col fiato morto in petto, questo io ti giuro.

Le rose del Re

a Chatterly
che ama le rose rosse

Madonna, non v’è più lume od ombra
in queste mie siderali orbite scavate;
ciò non ostante ho da dirvi cose, non troppe,
non dubitate della parola d’onore d’un morente.

Gl’anni m’hanno insegnato a temere
il ferro amico più di quello battuto dal Diavolo;
è il tempo maestro inesorabile – inviso ai più -,
che non conosce né pietà né ritardi,
ogni cosa consuma sia essa bella sia essa brutta;
nel broglio di nostra esistenza ci tocca
di far di conto e più spesso d’armar la mano.
Niuno che sia un minimo saggio dirà il contrario.
Fui Re ed ai miei piedi dame e dongiovanni
chinarono il capo obbedienti come somari;
neppure io ricordo quanti feci metter alla gogna
con un pretesto per mio solo divertimento,
per far del male gratuito a chi me sgradito.
Ero un Re e ogni cosa m’era concessa.
A più d’uno col mio spadone ho levato il fiato.
Non ho risparmiato né per sesso né per debolezza,
con uguale accanimento ho distrutto castelli e capanne;
di questo vado fiero, perché mai ho obbedito
a quella bruttura cristiana che porta il nome di Pietà;
il mio regal capriccio ho seguito, talvolta con nequizia,
e nemmeno ho disdegnato di corromper gl’orecchi
di fanciullini e donzellette con incauti versi infami.
Non ho preteso che venissi io detto poeta,
ma in gran segreto condannavo il disgraziato
che male m’apostrofava sicuro di non esser udito;
più d’una testa è rotolata presto ai miei piedi,
più d’un coglione è finito nel mio giardino
a far da concime alle allegre spine dei miei roseti.
Tutto questo ho fatto e pentimento non nutro.

Madonna, a voi tante sconvenienze ho dedicato.
Non pretendo ora che mi perdoniate, né sopporterei
che pietade la vostra bellezza mi dimostrasse.
Però un favore ho da chiedervelo
certo che non mancherete: raccogliete il capo mio
e sotterratelo in gran segreto in quel fazzoletto di terra
che colla primavera vi regala le più belle rose del reame.
Madonna, fate questo in memoria di me
e colla nuova stagione sarò per voi un fiore,
un fiore del Male che non potrete non amare.


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