Ed eccoci a “The Ballad of Reading Gaol”, del 1898, che nasce da un dolore profondo e sentito. Il tema è l’impressione suscitata in carcere dall’arrivo di un condannato a morte, un soldato che ha ucciso la sua donna nel sonno, perché ubriaco. Le immagini e l’atmosfera ricordano il romanticismo di Coleridge. Qui Wilde si distacca dall’egoismo decadente - che considera la vita come un’esperienza di raffinamento personale - in favore di un sentimento di solidarietà.
“Yet each man kills the thing he loves
By each let this be heard,
Some do it with a bitter look,
Some with a flattering word.
The coward does it with a kiss.
The brave man with a sword!
Some kill their love when they are young,
And some when they are old;
Some strangle with the hands of Lust,
Some with the hands of gold:
The kindest use a knife, because
The dead so soon grow cold.
Some love too little, some too long,
Some sell, and others buy;
Some do the deed with many tears,
And some with a sigh:
For each man kills the thing he loves
Yet each man does not die”
L’autore oscilla fra il superamento della morale comune e i sensi di colpa collegati anche alla paura della morte.
Wilde ha scritto anche molte fiabe, nate con i suoi figli, negli anni tranquilli del matrimonio, prima del processo e della prigione. Anche qui è dibattuto l’eterno conflitto fra estetica ed etica.
“The Happy prince” narra l’amore innaturale ma purissimo fra una rondine e una statua.
“The Nightingale and the rose” è anch’essa basata sul connubio amore-morte, tanto caro ai decadenti, così come agli scapigliati italiani, fra cui il quasi dimenticato Igino Ugo Tarchetti. L’amore, ci dice Wilde, non può esistere senza sacrificio.
Ne “Il gigante egoista” è presente un senso di morbosità che si ricollega ad un interesse eccessivo per i bambini riscontrabile nel periodo vittoriano.
continua…