Il Grande Fratello ti manda in pappa il cervello. Su questo semplice assunto è basato Reality, l’ultimo film di Matteo Garrone. Grazie Mattè, se non c’eri te mica lo sapevamo!
"Il mio uomo deve averlo grosso così!
Ma cosa avete capito? Intendo il cervello..."
Era il 14 dicembre 2000 quando iniziava la prima edizione italiana del Grande Fratello, condotta da Daria Bignardi, l’edizione con Pietro Taricone, Marina
Anni dopo, lentamente, le cose sono cambiate. Qualcuno dei concorrenti di quell’edizione ha lasciato questo mondo, qualcun altro è semplicemente sparito nel nulla, qualcun altro è tornato da dove era arrivato, qualcun altro chissenefrega e la dodicesima edizione, quella del 2012, si è rivelata un floppone di proporzioni clamorose e potrebbe anche essere l’ultima. Almeno per ora. Tanto che nel 2013, se tutto va bene, se iddio vuole, non avremo grandi fratelli tra i piedi! Spero solo di non averlo gridato troppo in fretta.
"Te lo confesso, Grande Fratello: Pensieri Cannibali è 'na strunzata!"
Fosse uscito quindi qualche anno fa, Reality sarebbe stato IL Film. Lo specchio riflesso dark dei nostri tempi. Un po’ quello che fa la serie Black Mirror nel Regno Unito (la seconda stagione parte lunedì 11 febbraio). Però è arrivato nel 2012. Io addirittura con ulteriore ritardo l’ho recuperato solo ora nel 2013. Reality racconta quindi una Storia che è già passata. Una favola. Il film si apre proprio con una piano sequenza da favola. In quel di Napoli si celebra un matrimonio spettacolare, con tanto di sposi in carrozza e tanto di super ospite, Enzo del Grande Fratello, figura che poi diventerà ricorrente, guest-star prezzemolino di qualunque evento sociale, dalle selezioni del GF al centro commerciale fino all’immancabile presenza timbrata in disco. Luciano (Aniello Arena, in certe inquadrature parecchio simile ad Al Pacino) è un pescivendolo sposato e con figli e sogna di diventare come lui. Sogna di diventare “Luciano del Grande Fratello”. Quando si dice avere obiettivi importanti nella vita.Matteo Garrone gira con respiro internazionale un film sulla realtà nazionale. Io pensavo: “Oh, finalmente mi guardo un film italiano, senza bisogno di sottotitoli o di doppiaggio. Me lo posso godere così, senza filtri. Come l’ha pensato il suo autore. Capendoci tutto, parola per parola.” Peccato che nunn’aggio capito ‘nu cazzo. Alcuni dialoghi sono in dialetto stretto napoletano e quindi non è che siano di facile comprensione, tanto che ho cercato sottotitoli in italiano, o persino in inglese per capirci qualcosa di più, ma niente. Al di là della difficoltà per qualche dialogo, soprattutto all’inizio, il film è comunque pienamente fruibile (o quasi) nella sua totalità, e c’è cinematograficamente di che godere nei movimenti di macchina di un Garrone che guarda oltre l’osannato quanto discusso Gomorra ed è un regista sempre più bravo. Da puro incanto poi le splendide musiche composte dal francese Alexandre Desplat, ormai sempre più il numero 1 delle soundtrack mondiali e qui autore di un qualcosa davvero da lacrime, in grado di ricordare il migliore Nino Rota al servizio di Fellini.
"Luciano, ti posso truccare fino a domani, ma non somiglierai mai alla Fico."
Laddove il film funziona meno è nell’evoluzione della vicenda. ATTENZIONE SPOILERINO L’ossessione del protagonista nei confronti del Grande Fratello (qui condotto da una Claudia Gerini che fa l’Alessia Marcuzzi di turno, ma senza il bifidus) diventa sempre più profonda e maniacale, al punto da cadere nell’assurdo e sfiorare il ridicolo. Il film non riesce però a proporre una riflessione davvero nuova sugli argomenti che abbiamo sviscerato nell’apertura di post. FINE SPOILERINOÈ la società dell’apparire. È la cultura del Grande Fratello. Tutto è già stato detto, in proposito. Colpa di una sceneggiatura che pur partendo da ottimi spunti non si evolve in qualcosa di davvero efficace. Le sceneggiature d’altra parte sono il tallone d’Achille della gran parte delle produzioni italiane. Di grandi sceneggiatori non ce ne sono molti in giro per il Bel (?) Paese, sarà perché dalle nostre parti non è vista come una figura professionale vera e propria. C’è quasi sempre il regista o l'attore che si improvvisa anche sceneggiatore. Non sempre lo fa altrettanto bene. A guardare il lato positivo, abbiamo comunque un grande Garrone che ci propone una (anti)favola moderna con uno stile suo, personale. Uno stile che non è neorealista, ma che semmai potremmo definire neoreality. E allora vuol dire che c’è ancora speranza, per il cinema italiano. Mai arrendersi. Never give up. (voto 7+/10)