Il libro…
Montecarlo, anni Trenta. Una giovane donna inglese, al seguito della ricca signora per la quale fa la dama di compagnia, incontra un facoltoso possidente in vacanza in Costa Azzurra. Maxim De Winter – questo è il suo nome – è vedovo da circa un anno, da quando la moglie Rebecca è morta annegata in mare durante una tempesta. Tutti concordano nel descrivere De Winter come una persona ancora distrutta dal dolore e vittima di una brutta depressione.
Daphne Du Maurier
Eppure la conoscenza della ragazza e l'opportunità di trascorrere insieme a lei qualche giornata lo rinfrancano. Addirittura questi brevi ma spensierati momenti sono sufficienti per spingere il signor De Winter a chiedere alla giovane donna di sposarlo e di seguirlo a Manderley in Cornovaglia, nella splendida tenuta di famiglia. Nonostante siano diversi per età, estrazione sociale e abitudini, tra di loro sboccia subito un sentimento autentico, profondo… Se fossimo in un romanzo d’appendice, questo sarebbe il finale adeguato – il classico “…e vissero felici e contenti” – dove tutto si ricompone e i protagonisti possono finalmente coronare il loro sogno. Per fortuna, invece, siamo nel mondo misterioso e indecifrabile della Du Maurier e questo non è che l’inizio della storia. I novelli sposi si trasferiscono nella meravigliosa Manderley, tenuta carica di storia, tradizioni e, soprattutto, impregnata della presenza della precedente signora De Winter. Anche da morta Rebecca – la prima moglie appunto – continua a regnare su quella dimora, sulla servitù che lì vi lavora, sugli altri aristocratici vicini di casa, ancora impressionati dalla sua bellezza, dalla sua eleganza, dal suo savoir-faire. La nuova giovane moglie – io narrante del libro – è costretta a vivere, quasi fosse un’intrusa, circondata dalle cose appartenute a Rebecca e nel frustrante e mortificante confronto/competizione con la precedente consorte, così diversa da lei, così irraggiungibile. A renderle quella vita ancora più insopportabile ci pensa la signora Danvers, efficientissima governante, devota al ricordo della vecchia padrona fino al limite dell’ossessione. Da perfida torturatrice psicologica quale è – uno fra i personaggi femminili più detestabili che io ricordi – la Danvers non perde occasione per umiliare l’insicura nuova signora De Winter e per sabotarne il matrimonio. D’altronde, l’unione tra il signor De Winter e la giovane donna è già messa a dura prova dalle continue incomprensioni e dagli screzi quotidiani. Eppure, quando tutto sembra sul punto di disgregarsi, quando il disaccordo e la nevrosi paiono avere la meglio sull’equilibrio emotivo della ragazza e sul suo affetto per Maxim, qualcosa, in maniera del tutto inaspettata, riemerge dal passato e spariglia le carte (un qualcosa che, tuttavia, non rivelerò in questo post…).
Geniale e angosciante romanzo della Du Maurier sull’amore, sui ricordi, sul passato che ogni persona si porta dietro e sulla gelosia che si nutre di questo passato. Ma anche sull’inaspettata forza interiore che permette di superare le difficoltà più grandi. La Du Maurier è bravissima nel dosare i tempi e i toni della narrazione. Volutamente lenta, quasi monotona e un po’ melodrammatica la prima parte, con l’insistito confronto tra le due signore De Winter e la descrizione delle sofferenze interiori che la nuova padrona vive durante la fase iniziale del suo soggiorno a Manderly. Incalzante, piena di suspense e di colpi di scena la seconda, quando le nuove verità venute a galla (…è proprio il caso di dirlo…) sconvolgono l’equilibrio su cui si regge la quotidianità della tranquilla contea.
…dal libro al film…
Judith Anderson-Signora Danvers e
Joan Fontaine-nuova signora De Winter
Hitchcock depura la storia dai tratti più melò e, accentuando quelli più drammatici, psicologici e thrilling, la rende decisamente… hitchcockiana. E questo si nota già dal senso di vertigine che si prova guardando una delle prime scene, quando Laurence Olivier alias Maxim De Winter, in piedi sull’orlo di uno strapiombo sul mare, fissa con occhi spiritati la distanza che lo separa dall’ipotetica caduta sui massi sottostanti. Altri temi hitchocockiani ricorrenti sono: quello dell’uomo in crisi e disperato per una donna, quello della donna che entra nella sua vita per “salvarlo”, quello della dualità (Rebecca/prima moglie contro narratrice/ seconda moglie; in questo caso, un doppio rovesciato), quello dell’accusato che deve dimostrare la propria innocenza. Curato, come sempre, nei minimi dettagli e in grado di incollare gli occhi di noi spettatori fino alla fine (anche quelli di chi sa già come si concluderà la storia perché ha letto il libro…), Rebecca, la prima moglie è il primo film hollywoodiano del Maestro. Sono perfettamente nella parte Laurence Olivier, un inquieto e ingessato quanto basta Maxim De Winter e Judith Anderson, con la sua espressione tra il severo e il glaciale, ottima nel rappresentare la perfida signora Danvers.
Ultima annotazione. L’aggiunta delle tre parole …la prima moglie al semplice nome Rebecca, rende estremamente efficace e azzeccato il titolo scelto per l’adattamento italiano. Per una volta, dunque, la traduzione meglio dell’originale.
Dati film:
Titolo: Rebecca, la prima moglieTitolo originale: RebeccaRegista: Alfred HitchcockSceneggiatura: Philip McDonald (romanzo: Daphne Du Maurier) Interpreti: · Laurence Olivier (Maxim De Winter)· Joan Fontaine (Seconda signora De Winter - narratrice) · Judith Anderson (Signora Danvers)· Reginald Danny (Frank Crawley)Anno: 1940Paese: USAColore: B/NDurata: 130 minuti Genere: DrammaticoInternet Movie Data base