Partiamo dal presupposto che la “proprietaria” di questo blog mi ha chiesto di fare una recensione di un libro (e non vi sto a dire il titolo, perché se poi un giorno lontano la dovessi fare sul serio, vi toglierei la sorpresa). E che, come già hanno appurato le parentesi e il titolo della rubrica, recensirò tutt’altro. (L’ANARCHIA DELLE MIE AMICHE!!! “Gioacchina” )
Qualche giorno fa, la ridente cittadina che ha dato i natali a me e a Gioacchina, ha ospitato un pièce teatrale dal titolo “Una vita da strega”. Una commedia musicale, che alternava prosa a parti cantate. Protagonista: l’orgogliosamente pugliese Bianca Guaccero. Il plot era liberamente ispirato alla serie televisiva made in Usa negli anni ’70 che più o meno tutti, nella nostra gioiosa infanzia, abbiamo visto almeno una volta e anche al film di qualche anno fa con l’eterea Nicole Kidman. Beh, diciamo che “liberamente” era proprio l’avverbio giusto.
La protagonista è Samantha/Chiara una strega che si ritrova sulla terra nel tentativo di fare innamorare un giovane stagista pubblicitario (Francesco Venditti), espediente che le permetterebbe di diventare una donna “normale”. Naturalmente non è così semplice (altrimenti, anziché trecento anni ci avrebbe messo mezz’ora, ma vabbè.) perché tutto è ostacolato da equivoci e dagli interventi dell’onnipresente madre strega (Carla Cassola) che vuole impedire alla figlia di realizzare la sua aspirazione alla normalità, aiutata dai due scagnozzi Ass&Ass (Luigi Tabita e Simone Castano).
Partiamo proprio da plot e dallo sviluppo della storia. Si apre il sipario e una breve perfomance vocale di una Guaccero di nero vestita (d’altronde è una strega) dà inizio allo spettacolo. Si prosegue e la scenografia (di cui parlerò in seguito) rivela un ufficio che a breve scopriamo essere uno studio pubblicitario. Un nervoso direttore, una segretaria svampita e segretamente innamorata del capo, due impiegati cocainomani, uno stagista perennemente in ritardo a causa del suo secondo lavoro di dogsitter (Francesco Venditti), la donna delle pulizie (la strega Guaccero), insinuatasi nell’ufficio proprio per conquistare lo stagista. E qui il primo punto oscuro della trama: quella donna è lì per caso e per caso si innamora dello stagista oppure si trova lì appositamente per conquistarlo (più tardi Samantha dirà che erano insieme anche trecento anni prima)? Magari è una mia fissa inutile, però queste cose vanno spiegate. Proseguiamo. Tra canti e balli e naturalmente grazie alla magia, la strega aiuta lo stagista a pubblicizzare uno scopettino per la polvere. Il grande successo che il progetto pubblicitario riscuote sul direttore, spinge quest’ultimo ad affidare allo stagista la difficilissima campagna pubblicitaria di una caramella alla zucca. Lui per ringraziare Samantha la invita a cena, dovrebbe scoccare la scintilla ma… Come in tutte le commedie degli equivoci succede qualcosa: lui si rivela un po’ maschilista, la madre di Samantha cerca in tutti i modi di ostacolare questo possibile amore. Secondo punto oscuro: i due impiegati cocainomani si rivelano perfettamente inutili ai fini dello sviluppo della storia, a parte le gag legate alla loro euforia da cocaina, e, inoltre, i due attori che li interpretavano interpretano ora (benissimo) i due scagnozzi della strega madre: Ass&Ass. Perché inserire quegli impiegati? Per fare numero sul palcoscenico? Bah. Sempre qui, nella pausa tra primo e secondo atto, il terzo punto oscuro, pessimamente sviluppato: durante la cena, la madre di lei e i due scagnozzi fanno di tutto per evitare che si crei un’ atmosfera romantica e fin qui ok; ma perché dopo la cena lui odia lei e lei odia lui? O meglio, lei potrebbe anche odiarlo (anche se sarebbe uno sviluppo semplicistico) ma lui perché? Perché? Mi arrovello da giorni a cercare di capirlo ma non ci riesco. Le divisioni in atti non servono a capovolgere le cose senza un minimo di criterio.
Non racconto tutto perché nelle recensioni non si fa, però la storia è debole, molto debole, concepita male e sviluppata peggio con dei dialoghi e delle scene stanche, dei momenti di vuoto che a teatro non ci devono assolutamente essere, dei personaggi superflui.
Passiamo alla scenografia: è vero che c’è crisi, d’accordo che non c’è una lira però la scenografia lasciava davvero a desiderare: scarna, approssimata, con i due scagnozzi Ass&Ass che venivano addirittura utilizzati per muovere dei pannelli che sembravano quelli di sughero dove alla scuola elementare appendevamo i lavoretti di fine anno. Non ci siamo. Da recita scolastica.
Le musiche. Le musiche sono importantissime in una commedia musicale e queste non erano niente di speciale. Ad “orchestrare” il tutto, un pianista seduto con la sua Korg dietro un pannello semitrasparente. Gli effetti sonori delle magie erano ottenuti con il distorsore del sintetizzatore. Beh, davvero una scelta al risparmio e quasi improvvisata. Alla Melevisione fanno di meglio.
Gli attori. Bravi, tutti. Strepitosi i due Ass&Ass, perfetti, affiatati, un peccato che fossero usati come “scostapannelliscenografici”. Bravo Francesco Venditti, la parte del piacione un po’ maschilista e stressato gli calza a pennello. Della Guaccero se ne dice un gran bene e posso confermare che la ragazza ci sappia fare: sa cantare (una bella voce potente e un po’ roca), sa ballare (le coreografie non è che fossero ‘sto granché ma lei doveva eseguire e se l’è cavata), e la prova recitativa mi ha soddisfatta. Chiaramente, come ho già fatto notare, i testi erano quelli che erano, era una commedia spensierata, a me è sembrata anche un po’ infantile (e infatti i ragazzini presenti in sala a tratti erano in visibilio) però lei ha dato forza ad un personaggio che, nascosta dietro la strega che vuole diventare una donna normale, rappresenta in realtà la necessità di liberarsi degli incarti, degli orpelli, dei fronzoli che sembrano primari in una società dell’immagine e scostare il velo dell’apparenza per vedere che c’è dietro, ritrovare la bellezza della normalità e delle cose che contano davvero. Bianca Guaccero dava l’impressione di credere nella bellezza della normalità e il risultato è stato la sua credibilità. Brava.
Calato il sipario, ho pensato “che peccato”. L’impressione è stata quella di essermi trovata di fronte a qualcosa di incompiuto, di incompleto, di perfettibile. La crisi economica del teatro non è una scusa accettabile. Quando a degli attori dimostratisi così bravi si fa recitare un testo così debole (non c’entra il fatto che sia una commedia, avrei fatto lo stesso discorso se fosse stata una tragedia in cui tutti muoiono avvelenati) e lo si confeziona con approssimazione, si rischia di lasciare lo spettatore spiazzato da tanto disequilibrio. Come dire a Mina di cantare “Nella vecchia fattoria”: lo farà magistralmente ma poi che cosa resta?
Per le vostre recensioni libresche e non, o semplicemente se volete mandarmi in un paese specifico o se volete inviarmi vagonate di libri: [email protected] (anche la vodka è ben accetta!)
OVVIAMENTE UN GRAZIE ALL’AUTRICE CHE PRESTO RECENSIRà IL LIBRO CHE NON VI VUOLE RECENSIRE!!!