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Recensione a basso costo: Hunger Games - Il canto della rivolta, di Suzanne Collins

Creato il 05 agosto 2013 da Mik_94

Ciao a tutti, amici. Finalmente, ho trovato la forza e il coraggio per finire una saga che mi trascino dietro da tre anni. Ogni hanno, lentamente, ho letto un volume diverso. Dopo La ragazza di fuoco (qui), recensisco dunque Il canto della rivolta. A mio parere, il migliore della trilogia distopica più famosa degli ultimi anni. Il più vero. A presto e buona giornata! Ps. Se, come me, avete amato questo romanzo, iscrivetevi alla pagina curata da Paola e Monica, qui. Il fuoco sta bruciando. E se noi bruciamo, voi bruciate con noi.
Recensione a basso costo: Hunger Games - Il canto della rivolta, di Suzanne Collins  Titolo: Hunger Games – Il canto della rivolta Autrice: Suzanne Collins Editore: Mondadori “Chrysalide” - Oscar Mondadori Numero di pagine: 421 Prezzo: € 17.00 - € 13.00 (fino al 31 Agosto, € 9,75) Sinossi: Contro ogni previsione, Katniss Everdeen è sopravvissuta all'Arena degli Hunger Games. Due volte. Ora vive in una bella casa, nel Distretto 12, con sua madre e la sorella Prim. E sta per sposarsi. Sarà una cerimonia bellissima, e Katniss indosserà un abito meraviglioso. Sembra un sogno... Invece è un incubo. Katniss è in pericolo. E con lei tutti coloro a cui vuole bene. Tutti coloro che le sono vicini. Tutti gli abitanti del Distretto. Perché la sua ultima vittoria ha offeso le alte sfere, a Capitol City. E il presidente Snow ha giurato vendetta. Comincia la guerra. Quella vera. Al cui confronto l'Arena sembrerà una passeggiata.  Recensione a basso costo: Hunger Games - Il canto della rivolta, di Suzanne Collins Recensione a basso costo: Hunger Games - Il canto della rivolta, di Suzanne Collins "Adesso ci troviamo in quello stupendo periodo in cui tutti concordano che i nostri orrori non dovranno mai ripetersi. Ma di solito il pensiero collettivo ha vita breve. Siamo creature stupide e incostanti, con la memoria corta e un grandissimo talento per l'autodistruzione." Respirare. Ricordo vagamente come si faceva. Era facile, un tempo. Facile ed essenziale. Vitale. Mi riempio i polmoni d'ossigeno per inerzia e abitudine. Con gesti meccanici che fanno alzare ed abbassare il mio petto, mentre il ventilatore soffia via il caldo, ma non il dolore. Non i ricordi ancora roventi, da cui si solleva il fumo grigio della disfatta. Quei ricordi che ululano e sprizzano ovunque sangue vivo. Mi sono stati impiantati, proprio come gli innesti di pelle di una ghiandaia imitatrice andata in fiamme e sopravvissuta al rogo del suo nido di fiori secchi, rami, sterpaglie, affetti. Una ghiandaia che imita la vita, anche quando tutto il resto è morte, e che, sfidando le leggi della creazione, risorge dalle ceneri delle sue vecchie piume, come una fenice gloriosa. Dire che Suzanne Collins aveva un animo troppo delicato per i Giochi della Fame e un tocco troppo lieve per scavarti l'anima. Sì, ero io a dirlo in Hunger Games e a ribadirlo, anche se un po' meno convinto, in La ragazza di fuoco. Mi sembrava che quell'affermazione avesse un senso, un tempo. Quando una Collins ancora inesperta e una Katniss ancora innocente creavano una cortina di nebbia e dita tremanti davanti agli occhi di noi lettori, e davanti all'orrore dell'Arena. Per proteggere loro stesse, noi.  
Recensione a basso costo: Hunger Games - Il canto della rivolta, di Suzanne Collins Quando lo struggente Canto della rivolta ancora non mi esplodeva nelle orecchie e tra le mani. Con le sue righe intrise di potente e profonda tristezza, le sue pagine disseminate di morti senza tomba, i capitoli che sparano colpi di scena e i personaggi che urlano umanità e basta. Che probabilità avevo di trovare bello un romanzo che per i lettori più appassionati e fedeli della trilogia si era rivelato deludente? Questa domanda mi ha bloccato per un anno, insieme alla lettura di uno spoiler grosso quanto una casa e impossibile da dimenticare, anche se in 365 giorni – invano – ci ho provato. Se non l'avevano trovato bello i fan della saga, io l'avrei detestato, allora. Mi ci sono avvicinato in punta di piedi, in ritardo, con questa testarda convinzione in testa. Avevano ragione loro: Il canto della rivolta non è bello, è terribile. Terrificante, tortuoso, ostico, desolante. Dolorosamente bello, dolorosamente perfetto. Un finale buio, ma non senza un sottile filo verde speranza e, all'orizzonte, una luce del colore del miele, dell'alba, dei nuovi inizi, dei mari in fiamme. Un finale che comprende morti e nascite, giardini cresciuti su cimiteri a cielo aperto e bambini che giocano a rincorrersi tra le risate, non ad uccidersi tra le occhiate del pubblico pagante e sciami di dardi che volano per ferire a morte. I primi due romanzi sanguinavano adrenalina, azione, spettacolarità. Costituivano un cancello d'ingresso su un orrorifico Luna Park di violenza e intrattenimento hollywoodiano. Costituivano la novità con cui fare trambusto, magari scandalo. Questo è una guerra, come ne sono state combattute in passato e come ne saranno combattute in futuro. Tutto immensamente, spaventosamente vero. Senza dolcificante artificiale, senza bugie, senza finzione, senza trucchi di scena. Una distesa senza confini di ossa umane che scricchiolano sotto gli stivali, di sangue innocente e fili bruciati che un tempo erano stati capelli biondo grano, di rose rosso sangue che profumano del Presidente Snow e della corruzione di Capitol City – un memento di morte. Piovono bombe, scattano trappole, bruciano tanti innocenti mortalmente vicini alle scintille del fuoco della vendetta. 
Recensione a basso costo: Hunger Games - Il canto della rivolta, di Suzanne CollinsKatniss, la Giovanna D'Arco della rivoluzione di Panem, guida i lettori in una lotta per l'indipendenza, che vuole i protagonisti della storia o morti o vincenti, e in una profonda e attuale riflessione su una politica che – da Machiavelli ad Alfieri, da Manzoni a Hugo - gronda sangue e sulla strage di ideali che ogni dittatura costa. Lei guida i suoi compagni tra i cunicoli e le strade labirintiche di una distopia futuristica, ma sembra di seguirla nelle modalità dei conflitti d'usura della Grande Guerra, nella presa di una Bastiglia dalle assottigliate forme avveniristiche, in giorni passati a nascondersi come la piccola Anna Frank e i suoi familiari, sotto i bombardamenti di quelle guerre che si combattono ancora oggi – nell'estremo oriente, o proprio sotto casa nostra - senza un perché preciso. Una troupe di cameramen la segue ad ogni passo, truccatori e stilisti curano la sua immagine anche quando l'immagine non conta più nulla, ma, attraverso la prosa di una Collins più matura e forte, ci vengono restituiti scatti e frammenti di caos e assalti che sembrano parte di un film di Kathryn Bigelow. Di un servizio al telegiornale. Lo stile è migliore, e i personaggi sono migliori, maggiormente consci dei loro punti di rottura, dei loro sentimenti, della loro umanità segreta: Finnick, con la sua bellezza venduta al migliore offerente e la sua amata ritrovata; Gale, con le sue mille colpe; Prim, con il suo dolce coraggio e un brutto gattaccio da tenere stretto in notti da incubo; Peeta, con i suoi occhi blu che tremano di confusione, le sue mani morbide che si stringono in una prese mortale anziché schiudersi in una carezza di bentornato, con i suoi traumi di guerra. 
Recensione a basso costo: Hunger Games - Il canto della rivolta, di Suzanne Collins Poi c'è Katniss, il personaggio più difficile da caratterizzare e più difficile da amare: lei è impavida, lei è tenace, lei è egoista, lei è viva per miracolo, lei è sopravvissuta a molti di coloro a cui ha voluto davvero bene, lei ha diciassette anni. Diciassette. Ha una sofferenza cieca e una confusione, dentro, che la rendono una narratrice talora complicata da comprendere, talora impossibile da tollerare. Un'adolescente che custodisce tra i suoi palmi la salvezza di molte, troppe persone e che, pur con il fisico minuto e l'indole di un'adolescente, ha le preoccupazioni e i dilemmi dei grandi. Va immaginata come uno di quei bambini soldato che muiono tutti i giorni, con un arco tra le dita sporche di sangue secco e non di smalto, con una bomba nucleare in mano e non con un cellulare con cui scambiarsi messaggi sdolcinati. Va immaginata piccola e sporca dentro e fuori, non bella e giunonica come la bravissima Jennifer Lawrence che, nel riuscitissimo, primo film della serie le ha dato il volto. La felicità non è nei suoi piani per il futuro. "Rimettere insieme i pezzi richiede dieci volte il tempo che serve per crollare." Sono pochissimi, rari, in questo romanzo, i momenti in cui la troviamo in pace con sé stessa e con il mondo. E' una sorella come tante, quando abbraccia forte Prim e si rintana con lei in un fortino improvvisato. E' una bambina come quelle della sua età, nell'episodio di un matrimonio celebrato sotto assedio, con tanto di torta a piani, abiti eleganti, scordinattissimi e divertiti balli. E' una ragazza innamorata, quando – emozionata fino alle lacrime – ascolta il racconto del primo incontro con i ragazzi della sua vita: Peeta, che le ha dato da mangiare quando aveva fame, e Gale, che le ha dato una casa quando non aveva più un padre.
Recensione a basso costo: Hunger Games - Il canto della rivolta, di Suzanne Collins Lontana dalle telecamere, vicina alla fine, si scontra, allo specchio che aveva coperto con un drappo di silenzio, con i suoi difetti e le sue debolezze. E, nel suo riflesso, individua le crepe che si arrampicano indisturbate fino alla sua più intima essenza. Leggendo ad alta voce alcuni passi, ho sentito la mia voce tremare e spezzarsi insieme alla sua. Il coinvolgimento è stato naturale e totale. Spegnere le mie emozioni non è stato possibile, quando intorno a me era un esplodere di sensazioni. Odiare sguaiatamente Snow, la Coin, Plutarch – tutti crudeli, tutti odiosi, tutti squallidi – è necessario per lasciare fluire via una libbra di amarezza avvelena sangue. Non sposare ciecamente la decisione finale di Katniss – che sceglie l'unguento, non la benzina; la quiete, non il furore - è proibito. I tempi si dilatano come in un incubo senza fine indotto dai farmaci, l'amore è una scelta presa seguendo la ragione al posto del cuore, il sonno è breve e interrotto dalla paura del buio, i ricordi sono una processione funerea di spettri insonni. Ma tutto è stato giusto così. Ho letto gli ultimi capitoli con un'ansia crescente, non con la curiosità che ogni epilogo alimenta. Ho chiuso il libro in piena notte, ci ho dormito su e, al risveglio, ho fatto colazione con un boccone acre che aveva la consistenza di un pugno rivestito di carta vetrata. Una carezza che graffia, ma che ti sfiora dentro e che porti con te con tutti i suoi dolori, insieme agli occhi umidi con cui – inevitabilmente – Katniss ti dice addio. "Quello di cui ho bisogno è il dente di leone che fiorisce a primavera. Il giallo brillante che significa rinascita, anziché distruzione. La promessa di una vita che continua, per quanto siano gravi le perdite che abbiamo subito. Di una vita che può essere ancora bella. E solo una persona è in grado di darmi questo. Così, quando sussura: - Tu mi ami. Vero o falso?- io gli rispondo - Vero." Splendido.
Il mio voto: ★★★★★ Il mio consiglio musicale: Florence + The Machine – Over the love  Immagini: trackerjubbers.tumblr. com/ Deviantart

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