Per non naufragare nell’oceano, sempre più vasto e affollato, del selfpublishing, bisognerebbe essere in grado di distinguersi, per conquistare i lettori con una storia originale e ben scritta.
Il romanzo dell’esordiente Ilaria Cosa in realtà non riesce ma non tenta nemmeno di distinguersi, perché propone dei temi già più volte sentiti e visti in altri libri che hanno riscosso successo (vampiri, licantropi, legami indissolubili… la lista di analogie fra questo romanzo e i più fortunati e famosi dello stesso filone, potrebbe essere lunga).
La domanda all’autrice sorge spontanea: perché voler scrivere una trilogia che ricalca abbastanza le trame di altri romanzi? Perché, invece, non puntare su qualcosa di diverso evitando così di diventare la copia, ovviamente meno elaborata, di qualcosa di già letto?
Anche i personaggi ricalcano i più fortunati Bella, Jacob, Alice, e via discorrendo. Questo li rende prevedibili, non affascinanti e il lettore non può provare empatia nei loro confronti. Sherry è lo stereotipo per eccellenza, così come la sua capacità di trovarsi sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato.
C’è da dire che la storia, di per sé, dal punto di vista narrativo, non è male: alcuni colpi di scena sono davvero ben riusciti, alcune descrizioni sono “ben fatte” (nonostante i presenti refusi), proprio per questo ci preme sottolineare all’autrice la sua capacità, che emerge, sebbene debba essere migliorata, ma che nel complesso appare sprecata se contestualizzata in questo romanzo.
Dal punto di vista grammaticale, il testo va rivisto. Emergono una serie di errori che il lettore non può fare a meno di notare, perché sono presenti in ogni pagina. Appaiono anche numerose ripetizioni.
Manca putroppo un editing del testo; il nostro consiglio, in questo caso, è che Ilaria decida in futuro di affidare i propri scritti a un editor o a persone in grado di correggerli e di migliorarli. Consentirà al testo di risultare migliore quando andrà in stampa e all’autrice di affinare la sua scrittura.
Qui di seguito le indichiamo alcuni esempi di frasi che avrebbero dovuto essere riviste, prima che il libro andasse in stampa:
Carmen, spaventata, ancora nascosta nell’ombra, udii (sicura?) diversi rumori che durarono diversi istanti. Dei grugniti, alcuni ringhi
Carmen finalmente poté guardare Richard dopo tanta cecità. (? un’espressione non molto bella) Il volto di lui era macchiato di sangue su di un lato. (“su di un lato”? non è un po’ arcaica come costruzione?) La camicia inzuppata di sangue così come i pantaloni neri. Gli stivali
La strada terminò a strapiombo. Sotto di loro – a circa cinquanta metri – era presente un ampia (e l’apostrofo?) arena. La luce azzurra ad
La consecutio è inesistente, si passa da una scena all’altra della storia senza che vi sia un filo logico e il lettore deve spesso tornare indietro nella lettura per capire se ha dimenticato qualche passaggio.
Ilaria, prima di scrivere un libro, deve partire dal presupposto che un romanzo va curato o cestinato, questa è purtroppo una legge che non risparmia nessuno, soprattutto se si è un autore esordiente.
Ci troviamo di fronte a una trilogia ma, con questi presupposti, la voglia di scoprire cosa accadrà alla protagonista o come si svilupperà il solito triangolo amoroso, non viene destata dalla lettura.
Ci auguriamo che questa critica sia per Ilaria Cosa un contributo al suo sogno di diventare una scrittrice.