Houston, guarda che… forse, non abbiamo un problema ma un film un filino decente con un bravo Philip Seymour Hoffman, però, come sempre rimane un po’ troppo misurato.
Come ho spiegato ieri notte, sul tardi (credo che fosse tardi… quando bevo perdo un po’ la concezione spazio-temporale), ad Andrea, tutti i film di Philip Seymour Hoffman, malgrado lui fosse un mostro di bravura, sono quasi ovattati, attutiti nella loro potenza. È come se il film ti desse l’impressione di non riuscire a esprimersi a pieno, a implodere o a esplodere come un incendio nella mente dello spettatore… e questo è MALE. La Spia – A Most Wanted Man non è l’eccezione, anzi conferma questa sensazione che però non si avverte quando a dividere il set con questo grandissimo attore scomparso, ci sono grandi interpreti che fanno da contraltare a un certo suo misurato autocontrollo recitativo (oh mio Dio, come sono intelligente) e riequilibrano il film anche da un punto di vista espressivo. Vedi il caso di Il dubbio con Meryl Streep o vedi The Master dove c’era un superbissimo e meritevolissimo di Oscar Joaquin Phoenix in stato di grazia…
Qui, Rachel McAdams e una mora Robin Wright non bastano a risollevare il film da questa troppa pressione suscitata da Hoffman (e Robin Wright meno che mai perché ha lo stesso misurato controllo recitativo di Hoffman!) e di conseguenza non si decolla mai, nonostante il dramma si arricchisca, si infittisca, acquisti spaventose tonalità di minaccioso grigio. Niente. Rimane chiuso in una scatola e che poi viene messa sottovuoto. Solo alla fine, in un barlume di rabbia, si avverte una scintilla che sarebbe dovuta scoccare prima. Troppa calma piatta, insomma.
Uh… e poi c’è la musica. Herbert Grönemeyer non ha fatto un gran lavoro. Tutto già sentito.
Fabio Secchi Frau