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RECENSIONE A CALDO – Redemption Street

Creato il 21 novembre 2014 da Fabioeandrea

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Si è cancellato troppo in fretta il ricordo della guerra dei Balcani. L’Europa e il mondo, una volta terminata e una volta trovati i basilari colpevoli, hanno rivolto il loro sguardo altrove (e lo dimostra il fatto che tolsero molto celermente autorità al Tribunale dell’Aja). Ma quelle fiamme, quella sporcizia e quelle battaglie combattute dentro un abisso di crudeltà covato sotto lo scontro etnico non hanno mai riposato veramente. Il peso dei morti, di uomini, di donne e di bambini che non hanno più voce, è ancora lì, sotto i piedi dei registi di quei massacri che hanno lacerato l’Ex Jugoslavia.
Ci sono persone, come il sostituto procuratore Dusan, che hanno però il compito di captare quel peso, di fare luce in quel fumosissimo gioco di ombre che è diventata la caccia ai criminali di guerra e di dare loro giustizia. Uno dei casi cui gli sono stati assegnati riguarda un gruppo paramilitare che operava nei Croazia, Bosnia e Kosovo e che sparì senza lasciare traccia. Desideroso di dimostrare a se stesso e a suo padre di essere in grado di poter migliorare la Serbia nella quale vivono, Dusan indaga, con l’unico sopravvissuto dello squadrone della morte, su un sentiero di brutali omicidi consumati negli Anni Novanta, scatenando un nuovo e imprevedibile meccanismo di morte che potrebbe minare lui e sua moglie.   Perché quando si tiene una porta aperta su un passato oscuro e profondo per scrutarne qualcosa, significa anche che, da quella porta, potrebbero entrare anche le stesse scheletriche e violente minacce.
Esordio alla regia di Miroslav Terzic, Redemption Street, che mischia thriller e action, ha fatto il suo debutto internazionale al Sarajevo Film Festival del 2012, facendo ottenere al suo co-protagonista, Uliks Fehmui, il premio come miglior attore. Si tratta senza dubbio di un film su un argomento che è evidentemente ancora caldo nei Balcani ma che è stato messo a raffreddare prima del tempo dalla politica interna/esterna, forse perché fin troppo radicato con certi orrori della Storia recente. È quantomeno interessante notare come, quella che sembrerebbe una storia di provincia post-bellica si trasformi poi in un film d’azione non privo di qualche giustificabile cliché di genere, per affondare poi i denti in una storica e reale tragedia umana. Merito di una sceneggiatura tutto sommato molto buona e all’americana che costringe lo spettatore a ingerire una quantità mostruosa di sequenze ad alta tensione dispensate fra vendette, ipotesi, dolori, tradimenti, sangue e occulte e imbarazzanti pressioni che frenano le mani della giustizia (nonché quelle del protagonista, un buono per vocazione interpretato da Gordan Kicic) in una feroce partita a scacchi. E in questo groviglio di scene si nasconde la verità più importante di tutte in questi casi. Cioè quella secondo la quale dietro un’apparenza così banale c’è una lucida e implacabile ragione.
Conquista la fotografia, bella e tenebrosa (tinte cupe come blu scuro e marrone) su una Belgrado contemporanea e drenata dai colori vivaci, che ben accompagna una regia dallo stile visivo convincente. Una menzione in particolare va alla superstar di questo titolo, Rade Serbedzija (Batman Begins, Harry Potter e i doni della morte – Parte 1, la saga degli X-Men), che drammatizza in maniera incisiva il ruolo del capo del giovane sostituto procuratore.

Fabio Secchi Frau


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