Dopo la recensione a “Il caso della donna scomparsa”, torna a tenerci compagnia Raffaella Ferrari con il suo nuovo lavoro: “Dieci piccoli enigmi”.
Ancora una volta, l’insegnante e scrittrice spezzina si rifà al genere giallo, dando sempre risalto ai sentimenti umani.
Il libro è una raccolta di dieci racconti gialli scritti con l’intento non tanto di scoprire il colpevole, bensì il movente. Cosa spinge un essere umano verso il delitto? Quali le sue motivazioni e il percorso che ha compiuto prima di compiere quel gesto?
I racconti appaiono così davvero intriganti e caratterizzati da introspezione psicologica.
Il filo conduttore di questi dieci misteri è sicuramente l’imprevedibile, l’obiettivo di Raffaella è forse quello di andare al di là delle apparenze, per scoprire qualcosa che si cela agli occhi di molti.
Una curiosità che vogliamo subito portare alla luce è che uno di questi racconti, La festa di fine estate, riprende luoghi e personaggi del precedente romanzo, capovolgendo però ruoli e conclusione. Un interessante esperimento, quello dell’autrice che sembra voler copiare se stessa.
Possiamo affermare che Il caso della donna scomparsa, essendo comunque un romanzo, era in grado di prendere per mano il lettore e trasportarlo nei luoghi citati dall’autrice e inserirlo nelle vicende, mentre questi racconti , sebbene portino con sé messaggi positivi - come il tema dell’amnesia affrontato in Mister X o quello delle apparenze ne Il vampiro - peccano leggermente di superficialità nella scrittura.
Come già avevamo fatto notare nel precedente lavoro della Ferrari, purtroppo l’editing svolto è pressoché inesistente e questo penalizza la lettura di questi brevi racconti che avrebbero potuto spingere il lettore ad aver voglia di scoprire questa scrittrice ligure che di talento, per costruire storie, ne possiede.
Ѐ vero che non si giudica un romanzo dagli errori presenti nel testo, ma purtroppo anche questi influenzano il giudizio delle nostre letture. Non si tratta di qualche refuso ma, per fare qualche esempio, la virgola posta fra soggetto e verbo, accenti mancanti, “qual è” scritto con l’apostrofo… insomma, sono tutti particolari che cadono all’occhio anche di un lettore non attento a queste cose.
Il consiglio che vorremmo dare a Raffaella è quello di avvalersi di un buon editor prima di dare alle stampe i suoi lavori cosicché essi non si perdano nel mare dei romanzi dimenticati per troppa trascuratezza e possano far emergere l’abilità della scrittrice nel raccontare gli eventi e infittirli di misteri.
Recensione a cura di Dylan Berro e Laura Bellini