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RECENSIONE A FREDDISSIMO – Oh Boy, un caffè a Berlino

Creato il 04 dicembre 2013 da Fabioeandrea

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Tanti auguri a Jan Ole Gerster per il buon risultato di Oh Boy, un caffè a Berlino, pellicola in bianco e nero tedeschissima che ha avuto notevoli risonanze nei cinema d’essai italiani e gode di quel magnetismo tutt’occhi e tutt’orecchie per le vicende di Niko, un giovane che passa da un caffè all’altro perché deve smettere di bere.

Se non vi siete rotti del primo cinema di Wim Wenders e, collateralmente, amate un po’ alcuni temi del cinema della Nouvella Vague, mettetevi in ginocchio perché questo autore ha risposto alle vostre preghiere.

Forza Gerster! Se ce l’hanno fatta gli altri, ce la farai anche tu.

Nessuna ipocrisia di rito da parte mia. Non è che, siccome mi sta sul culo Checco Zalone e film trash a noi stronzamente proposti dagli americani, allora esalto questo tipo di pellicole d’autore europee… Questo tipo di considerazioni, un po’ a ripicca e da critico cinematografico con la puzza sotto il naso, mancano ormai già da tempo… E lo testimonia il fatto che esalto delle pellicole imbarazzanti con la rubrica WTF?!?.

Ci sono quattro elementi di questo film che non possono passare inosservati

1) Le musiche di Cherilyn MacNeil e The Major Minors
2) Tom Schilling che, nel ruolo del protagonista, si dimostra meno cinico e più umano di tutti quelli che ruotano intorno a lui.
3) L’idea della storia, ovvero quella di un ragazzo che, con tutto quello che gli succede intorno cerca di combattere l’irresistibile voglia di buttare giù dell’alcol e di riconvertirsi alla perduta fede da bar
4) Il momento della rissa con l’attrice ex obesa che con un discorso tagliente mette a tacere i grezzoni berlinesi

Fabio Secchi Frau


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