Levatevi dalla testa la fiaba Disney. Levatevela proprio che tanto non c’entra niente con questo film!
Quella che sembra l’ennesima rilettura della mitologia fiabesca di Biancaneve (e hanno un po’ anche rotto le palle con queste riletture di fiabe che ultimamente vanno molto di moda) è in realtà un’opera di altissimo valore estetico.
Girato in bianco e nero e muto (sì, so già cosa state pensando, come in The Artist… ed è esatto), Blancanieves di Pablo Berger (anche sceneggiatore) è solo lontanamente ispirato alla celeberrima fiaba dei fratelli Grimm e ne rinnova l’anima immergendola in un dramma gotico-surrealista ambientato nell’Andalusia degli Anni Venti.
La bella e GIUOVINE Blancanieves (Macarena García… eeeeehhhh Macarena! Oh eh!) si chiama Carmen ed è la sfortunata figlia del famoso Antonio Villalta, torero rimasto paralizzato (Daniel Giménez Cacho) dopo una terribile incornata nell’Arena. Ripudiata dal padre, viene cresciuta da sua nonna (una Angela Molina che ti lascia senza fiato) ma, quando anche questa muore (velo dico già da ora, praticamente questo film, senza morti, sarebbe un mortorio) per un colpo al cuore mentre balla il flamenco, è costretta a ritornare nella casa del padre, diventata ormai regno incontrastato della adulterina matrigna (Maribel Verdù). Fra le due non sono rose e fiori… Così, quando la matrigna ne ha le palle piene, manda un amante a ucciderla. Come fiaba insegna, il tentato omicidio rimane tentato e Carmen trova conforto in una perdita di memoria e in un gruppetto di nani che lavorano nelle arene come clown.
Sono sinceramente e stucchevolmente innamorato di questo film, ve lo dico proprio senza tori sulla lingua.
Non c’è nulla di più importante nel cinema che vedere pellicole del genere, ben fatte in ogni loro livello (regia… e a tal proposito cito Berger e l’idea di come nacque il film… «Ho visto Rapacità di Erich von Stroheim con un’orchestra sinfonica dal vivo e mi ha creato sensazioni uniche. Ho voluto ricrearle per il pubblico e per questo sono tornato alle grandi produzioni Anni ’20»… E Rapacità è uno dei miei film preferiti… quindi ha pure del buon gusto il ragazzo, che ve lo dico a fare?!?… sceneggiatura, fotografia, montaggio, musiche… ancora ballo il flamenco sotto le note di No te puedo encontrar scritta da Juan Gómez e dallo stesso Pablo Berger… scenografia e costumi).
Ti voglio bene Pablo Berger.
Fabio Secchi Frau