Un onesto film drammatico Dallas Buyers Club, con una solida regia alle spalle (forse, troppo al servizio della storia a livello puramente descrittivo ma, non scadente… anche se poteva essere un’ottima occasione per far emergere del tutto lo stile di Jean-Marc Vallée) che, ovviamente tutto deve alle due grandi interpretazioni maschili in essa contenute.
La prima quella di Matthew McConaughey, cowboy da rodeo malato di AIDS, e la seconda quella di Jared Leto, travestito con la stessa malattia, giustamente premiati con l’Oscar (dimagriti oltremodo per entrare nei ruoli… e ancora tanti tanti auguri per la statuetta!!!).
Di fondo, ci sono anche le partecipazioni di una Jennifer Garner meno mostruosa del solito (scusatemi, se lo ribadisco, ma c’è qualcosa nella dimensione delle sue orecchie e nella grandezza delle sue labbra che mi spaventa) e di Bradford Cox che… Come chi è Bradford Cox?!? È solo un grandissimo musicista americano, anima del gruppo rock dei Deerhunter, gruppo al quale io sarò nei secoli fedele… e vi consiglio caldamente di dare un orecchio a Back to the Middle, se non volete che vi defenestri.
Non ci sono facili pietismi in questo film, tant’è che non ci viene risparmiato nulla, ma proprio nulla, della vicenda, di ciò che i personaggi scelgono di fare e di non fare, anche lì dove i loro comportamenti hanno una valenza negativa. Lo spettatore si deprime con loro, sorride con loro… e comprende che l’AIDS non è solo una delle più pericolose pestilenze al mondo ma, è stato anche un fenomeno sociale (almeno lì dove lo spettatore è stato in grado di cogliere le sfumature sociali).
Il merito principale di Dallas Buyers Club è nella sistematica esposizione delle sottigliezze psicologiche dei personaggi coinvolti (paroloni, lo so, ma è così), siano essi femminili o maschili.
Vado a spiegare meglio: ci troviamo di fronte a un Jared Leto che si veste, pensa, agisce, si sente una donna (ma che accetta per un’ora, forse due, di essere un uomo per il bene comune, per esempio, ma anche a un Matthew McConaughey “alternativamente gay” che subisce una metamorfosi (proprio come le farfalle che trova nella famosa scena delle stanza delle farfalle) e che diventa da consueto omofobico texano a una persona formidabilmente tollerante e poi, nel finale, lavata di ogni pregiudizio sessuale che combatte contro il Sistema Sanitario Nazionale per avere più tempo.
Fabio Secchi Frau