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Recensione a: IL VIAGGIO DEI RICORDI di Giampiero Paladini

Creato il 03 febbraio 2011 da Tuttosuilibri @irenepecikar
IL VIAGGIO DEI RICORDI di   Giampiero Paladini Recensione a: IL VIAGGIO DEI RICORDI di Giampiero Paladini Trama e recensione a cura di Jessica Ravera
Un pomeriggio d’agosto milanese, l’approssimarsi di un viaggio, questa volta in Italia. Umbria e Toscana, un po’ di natura, un po’ di cultura, un po’ di mare. Ma intanto sono ancora in città e fa davvero troppo caldo per uscire. Conosco in rete un giovane scrittore, Giampiero Paladini, chiacchieriamo di scrittura, di lettura, di tutto un po’ e infine ci scambiamo i nostri libri. Una settimana dopo è il momento di partire, preparo la valigia, ho già due bei libri da leggere, ma prima di uscire prendo anche quello nuovo che mi è arrivato, in fondo il titolo ci sta bene “Il Viaggio dei ricordi”, è leggero e poi… dieci giorni sono tanti. È sera, un agriturismo in un borgo antico del centro Italia, quando inizio a leggere. La prima cosa che mi colpisce è l’impatto visivo della sua struttura, descrizioni degli ambienti dei personaggi e poi gli scambi di battute, sembra una sceneggiatura teatrale, mi piace. Giampiero muove i fili dei suoi personaggi, io sono la spettatrice seduta in platea, riesco a vedere i turbamenti di Andrea, il suo protagonista, che un giorno decide di partire e di compiere un doppio viaggio, quello vero, fisico e quello interiore a ritroso, scavando dentro di sé. Vedo lui, la sua famiglia, le loro interazioni, intuisco il loro background. E poi ecco che lo scrittore, mentre le parole scivolano, sposta i fondali, il primo personaggio finora estraneo esce dalle quinte. È Titti, è pazza… o forse no! E poi così, come l’arrivo di una situazione diversa sul palcoscenico, come un nuovo pezzo nella vita che potrebbe essere quella di ognuno di noi, esce di scena. E un po’ mi dispiace. Il protagonista scende verso sud e io risalgo verso nord, visito luoghi, scopro profumi e sapori e la sera, distrutta dalle camminate, dalle chiese e musei visitati, riprendo il “mio viaggio”. Scopro che questo libro è anche un prosimetro. Parti in prosa intervallate a poesie, riflessioni. Ogni incontro, ogni luogo fa regalare al protagonista tratti di musicalità della sua anima. E intanto pensa a ciò che è, a ciò che è stato a quello che potrebbe essere. Cosa che faccio anch’io, nella piccola caletta che ho scoperto. Il mare è agitato, niente bagno. Non c’è quasi nessuno e il tempo segue il tempo dei miei pensieri. Questo libro sembra un po’ il Jonathan Livingston dei viaggi, la meta sembra perdere importanza, non mi interessa arrivare alla fine, non voglio spiegazioni e non vengono date, non è la destinazione ciò che ti spinge a continuarlo, ma la sua scrittura stessa, il suo viaggio, il suo percorso. L’incontro con Pongo, il cane, mi piace tanto. È un incontro fra due esseri liberi, nessuno diventa dell’altro e forse non è giusto che io tema che se ne vada anche lui, al prossimo cambio di scena. E intanto leggo e intanto segui il mio itinerario. La mia vacanza termina l’ultimo giorno su una spiaggia altamente turistica della Toscana, ho un bel lettino in seconda fila e il bar affollatissimo di giovani spara musica a volume improponibile. Ma anche questo fa parte dello scenario. Il mio viaggio è quasi alla fine, così come quello di Andrea. Chiudo il libro e leggo la frase che porta scritta sul dorso: “è viaggiando che l’ho incontrata, cercando di me, non cercavo di lei, ma in lei ho trovato me…”
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