Anna è una giovane donna a servizio di una nobile famiglia di Sanremo. Instaura un bellissimo rapporto d’amicizia con la padrona di casa, ma ancora non sa quali perversioni attraversano la mente di Ottavio Olivieri. Le serve a servizio della casa, scompaiono, misteriosamente, poco tempo dopo essere state assunte. Anna ha solo tredici anni quando il padrone si approfitta di lei senza scrupoli. Ed è così che la ragazza, allontanata da tutti, partorisce un figlio che le viene strappato prima ancora che abbia emesso il primo vagito.
La vita prosegue, Anna va avanti e suo figlio cresce in una famiglia amorevole. Eppure si sa, il sangue chiama sempre e Orazio, a un certo punto della sua vita, non può fare a meno di cercare quella madre naturale che non ha mai conosciuto.
Annarita Pizzo intesse una trama dai risvolti cupi dove l’animo umano si presenta nelle sue forme più abbiette, in contrapposizione però ci sono anche personaggi molto positivi che creano un forte contrasto con i cattivi della situazione. Quello che appare chiaro al lettore è proprio questa differenza molto marcata fra i vari personaggi della storia, non ci sono grigi, non esistono indecisi, conosceremo solo buoni e cattivi, come se l’autrice volesse ricordarci che nella vita vanno sempre prese delle posizioni, bisogna decidere da che parte stare. Eppure, anche in mezzo a questa netta separazione fra bene e male, troviamo redenzioni inaspettate. È un forte messaggio di speranza quello che trapela dalle pagine di questo romanzo. Un messaggio che ci indica che se anche abbiamo sbagliato strada, non è mai tardi per rimediare agli errori commessi.
I sentimenti umani sono la base della narrazione e l’autrice ce li descrive con una sensibilità unica. Buone le descrizioni degli ambienti, non prolisse, forse qualche dettaglio in più avrebbe arricchito la storia, aumentando il coinvolgimento. Ben inseriti nel contesto narrativo i personaggi che agiscono secondo il tempo in cui l’autrice ambienta la storia. Al giorno d’oggi molti loro comportamenti ci sembrerebbero poco credibili, ma alla fine dell’ottocento l’omertà di fronte agli abusi che i servi subivano dai padroni, era la norma. Un grande pregio, questo, del romanzo stesso. Il sapersi calare alla perfezione in un tempo lontano dal nostro.
In un periodo in cui il Romance padroneggia su ogni genere letterario, è stato un piacere leggere questo romanzo che parla sì d’amore, ma nel suo senso più ampio e non essendo basato su una coppia.
Il libro ha un’unica pecca. È molto corto, si legge in un fiato, e invece sarebbe stato interessante approfondire di più le vicende entrando maggiormente nell’animo e nelle vicende dei personaggi. Un difetto che è anche un pregio perché vi troverete a non voler staccare gli occhi dalle pagine finché non scoprirete come si intrecceranno le vite dei personaggi.
Recensione a cura di Laura Bellini e Dylan Berro
